Quando meno te l’aspetti… l’Inter!
L’ho detto e lo ridico, senza alcun timore di smentita. Se volete farmi venire un attacco ipertensivo ditelo, ma prima di scendere in campo. Così prevengo, mi rilasso ed evito sbalzi pressori. L’Inter di Firenze è camaleontica, ti fa innamorare e incazzare nel breve volgere di qualche secondo. Inizia alla grande l’undici nerazzurro, gol di Nicolò dopo un amen su imbeccata clamorosa di Lautaro Martinez – eeehhhh, però sai, quelli a cosa serve Lautaro, sopravvalutato, buon giocatore, nulla di che e via, perché giuro che ho letto questa roba qui, lasciamo stare che non è né tempo né ora di polemizzare ma qualche domanda me la faccio – sbandando in una sola situazione ma raddoppiando sempre con Lautaro Martinez, sì quello buon giocatore, sopravvalutato, nulla di che.
Poi controllo totale dell’inerzia, con la Viola a far da spettatrice inerme e inerte di fronte a una squadra decisamente più forte. Così, tra uno specchiarsi e l’altro, ci portiamo lentamente il nemico in casa. Nulla di che, sia chiaro, ma per quale ragione misteriosa rinculiamo quasi rinunciando a giocare? Oddio, non succede niente di pericoloso per la porta di Onana, finché Dimarco decide, bontà sua, di intervenire in modo del tutto sguaiato nella nostra area di rigore su Bonaventura. Fallo è fallo, almeno per me, e lo è anche per Valeri, direzione debole e balbettante la sua, per fortuna Mariani al VAR è stato presente a sé stesso: ecco, in un nanosecondo riusciamo a regalare ai nostri avversari la più ghiotta delle opportunità, scriverebbero quelli bravi. Cabral, fino a quel momento non lo avevo notato per dirla sinceramente, segna e, di fatto, riapre una partita altrimenti morta e sepolta.
L’Inter smette di giocare, non è la prima volta in questa stagione e inizia ad infastidire non poco l’ambaradan. Vabbè, ci sta che la Fiorentina, di fronte al proprio pubblico, provi a rimettere le cose al loro posto, trascinata oltretutto da un tifo infernale. Arrivi comunque all’intervallo in vantaggio e pensi: adesso prendono il tè caldo così si rimettono poi, possibilmente, ricominciano anche a giocare, non sarebbe una brutta idea.
Apriti cielo: il secondo tempo è molto peggio dell’ultimo quarto d’ora del primo, i ragazzi sembrano tante belle statuine non dico immobili, anzi alcuni proprio immobili, ma persi nel vuoto pneumatico di non si capisce bene cosa, presi dall’ansia e dalla paura di vincere. Il pareggio è scritto e, quando arriva, appare una conseguenza naturale di quanto si sta vedendo in campo. Però, per assurdo, una volta preso il due a due l’Inter torna a far gioco procurandosi il suo calcio di rigore non assegnato da Valeri ma da Mariani, ancora una volta pronto a mettere una pezza sulla direzione insufficiente del fischietto romano. Lautaro doppietta, non sto a riscrivere la pappardella di prima, sei di nuovo sopra con un quarto d’ora da giocare. E che diamine, riuscirai a tenere il risultato per un quarto d’ora. Invece no, invece rinunci completamente a ripartire e regali calci di punizione e calci d’angolo in serie all’avversario. Che dai e dai pareggia. Minuto novanta, gol del redivivo Jovic. Lunga serie di parolacce, invettive, volgarità, lunga serie di acc, dannaz e malediz che neanche il miglior Tex Willer d’annata quando Enrico la mette. Minuto novantaquattro e cinquanta secondi. Urlo liberatorio che stamattina devo scusarmi coi vicini, minimo, e tachicardia per i quasi tre minuti di recupero aggiuntivi, perché tre se il gol arriva a dieci secondi dal fischio finale? Domanda che non troverà mai risposta.
Bene? no. Bene il risultato, in assoluto. La prestazione non mi ha convinto, pur considerando la vittoria meritata, altro che no.
Certo, in altri momenti l’avremmo pareggiata, se non persa: oggi l’abbiamo vinta.
Mercoledì, però, servirà l’Inter vera: quella della prima mezz’ora per intenderci. L’altra lasciamola volentieri a Firenze.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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