E che siamo, Guelfi o Ghibellini? Ogni maledetta estate
È un periodaccio, questo. Ogni maledetta estate. E non sto parlando dei fenomeni atmosferici che per qualcuno sono roba occasionale, vabbè, sto parlando del calciomercato, una sarabanda di chiacchiere, ostentazioni, costi, ingaggi, trattative più o meno nascoste manco fossimo in pieno clima guerra fredda – ricordo incontri nascosti e riservati agli Autogrill o nelle aree di servizio, per esempio, oppure dirigenti in versione agente segreto che cercano di seminare cronisti in attesa utilizzando uscite secondarie in vicoli presi direttamente da film polizieschi hollywoodiani – raccolte di immagini da sottoporre all’occhio attento, a volte neanche troppo, di osservatori per far sì che questi ultimi segnalino tizio o caio alle società di riferimento. Insomma, un bailamme di occasioni vere, irreali, surreali o grottesche, dipende sempre dai punti di vista. L’Inter, in tutto ciò, naviga avendo la rotta ben definita: è inutile, faccio mio un concetto espresso da Fabrizio nell’editoriale di ieri e che condivido pienamente, la continua lamentela o, peggio, eh ma quando c’era quel presidente o quell’altro certe cose non accadevano. Lo so, lo sappiamo tutti. Ma, in confidenza, posso dirvi che qualunque presidente, e per qualunque intendo qualunque, in tali situazioni economiche si comporterebbe nella stessa, identica maniera del giovane Steven. Nessun presidente, attualmente, spenderebbe tot milioni per tizio o caio: uno perché le casse delle società italiane, fatta salva qualche oasi felice, languono, due perché gli introiti non consentono spese folli. Poi, per carità, ciascuno è libero di pensarla come meglio crede, sia chiaro. Ciascuno può supporre che una proprietà diversa (quale, perché in sede non ho ancora visto nessuno in visita ufficiale e non mi sembra siano pervenute offerte irrinunciabili da chissà dove) avrebbe mano libera, sperperando euro a destra e a sinistra.
Ad ogni modo, piaccia o meno, la situazione Inter è questa: Marotta lo disse chiaramente un anno fa, vado a memoria, parlando di Serie A come di torneo periferico, non centrale rispetto ai grandi campionati europei. Venne tacciato di pessimismo, eravamo reduci dall’Europeo vinto l’estate precedente, peccato poi aver saltato due mondiali di fila oltre a essere stati eliminati dagli altri due nei gironi, ma tutto questo lascia il tempo che trova. Però, visti i problemi enormi derivanti dai diritti televisivi, qualche pensiero avrebbe dovuto sfiorare i grandi capi del calcio italico ma figuriamoci, va sempre tutto bene nel Bel Paese, forse il buon Beppe da Varese non aveva granché torto.
Alcuni tifosi nerazzurri sono sconfortati dall’immobilismo presunto della società: troppo tempo per chiudere un affare, troppi tentennamenti, troppi dubbi e domande, alcune lecite altre anche no. Altri, al contrario, sono schierati apertamente con la Società e interpretano le attese, i tentennamenti, i dubbi come situazioni non solo lecite, ma più che corrette. Personalmente comprendo gli uni e gli altri, mi sento tanto un vecchio democristiano con questa affermazione. Ciò che mi sento di dire, sempre, è: pazienza, dobbiamo avere pazienza. Inutile discutere, litigare sui social, prendersela con tizio o caio. Inutile.
E che siamo, avrebbe detto l’immenso Totò, Guelfi o Ghibellini, Guelfi o Ghibellini?
Siamo tutti interisti. Tanto basta.
Alla prossima, avanti l’Effecì.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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