Il sesto senso di Simone
Lo so, come faccio a non saperlo. Adesso si scateneranno con il solito culo dell’Inter. Ma tu guarda, gol al minuto centoventi in Supercoppa mentre Doveri sta inspirando col fischietto in bocca pronto a mandarci ai rigori, gol nei supplementari di Sensi che non segnava dalla disfida di Barletta e passaggio del turno in coppa Italia, gol di uno dei peggiori in campo, leggasi Dzeko nello specifico, al minuto novanta della – probabilmente – peggior partita disputata dai nerazzurri in questa prima parte di stagione. Io, invece, la leggo diversamente, ma stiamo parlando di una semplice opinione, si chiama così proprio perché potete opinare quanto e come Vi pare. L’Inter vince a pochi minuti, a volte anche attimi, dal termine per merito della voglia di non arrendersi, nemmeno quando tutto ti gira contro, nemmeno quando giochi cinque partite in tredici giorni arrivando per ben due volte al centoventesimo e incontrando, per dire, Lazio, Atalanta e Juventus, nemmeno quando vai sotto e sembri perdere la bussola uscendo dalla rotta. Di riffa o di raffa questi ragazzi cercano sempre di portarla dalla loro parte, dalla nostra parte. Sempre, ribadisco, perché non ricordo sbrachi collettivi o sensazioni di arrendevolezza. Così, quando li vedo gettare davvero il cuore oltre l’ostacolo, non tanto per dire, mi lascio rapire dall’estasi del momento: sia chiaro, senza dimenticare i balbettii a cui ho assistito in precedenza.
L’Inter di gennaio è diversa da quella alla quale eravamo abituati: più arrugginita, meno reattiva, meno trascinante. Non conosco i motivi veri di questa involuzione, di questa freschezza non ritrovata: però immagino abbia a che fare con i carichi di lavoro, con la volontà di arrivare atleticamente pronti da febbraio in avanti, dal rientro di una sosta che nessuno desiderava ma, alla fine, quanto mai benefica. Il prossimo mese ci toccheranno nell’ordine, dal 6 al 16: derby, Roma, Napoli in trasferta e Liverpool. Ringraziando il geniale calendario sfalsato e sfasato organizzato dalla Lega che così, ci hanno raccontato, non si creano complicanze per le squadre impegnate in Europa. Per fortuna, non oso immaginare col calendario normale come saremmo finiti. Del resto, in un periodo nel quale si parla di diminuire le squadre in serie A per giocare meno e lasciar rifiatare i giocatori cercando di offrire spettacoli pallonari di livello, c’è chi pensa ai playoff in serie A. Vabbè, lasciamo stare, mi sembra fin superfluo commentare la trovata.
Tornando a Inter-Venezia mi vien da tirar fuori la solita storiella: prima di incazzarsi, urlare all’universo la propria insoddisfazione, insultare ora questo ora quel giocatore, attendere il triplice fischio di chiusura. Perché le partite, sissignori, non finiscono prima che l’arbitro lo decreti. Non finiscono quando prendi un gol stupido a difesa schierata. Non finiscono quando lasci in campo Edin che non ne ha azzeccata una per tutto il tempo ma al novantesimo trova il guizzo del campione, perché di campione stiamo parlando. Un po’ di calma, un filo di pazienza. Se non altro per il divertimento che questa squadra ci ha offerto da agosto in avanti, un crescendo che ci ha portati, oggi, ad avere un discreto margine di vantaggio sulla seconda senza parlare del recupero di Bologna. Quindi va bene mugugnare, siamo tutti tifosi. Ma io continuo a sottolineare la bravura di questi ragazzi e di chi li guida. Che ha un gran sesto senso nel cambiare gli uomini giusti al momento giusto.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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