Tra Hakimi e Dumfries, all'Inter è tornata la fobia degli esterni
Nell’Inter degli ultimi anni c’è questa strana fobia degli esterni. Diciamo che si è ripresa quella moda, forse leggermente autolesionista, di trovare l’uomo di fascia giusto per poi lasciarlo partire pochi mesi dopo tra rimpianti e lacrime.
Ha iniziato questo trend il famosissimo caso, ormai quasi mitologico, della cessione di Roberto Carlos. Il terzino brasiliano arrivato all’Inter con Moratti nel 1995 è rimasto solo un anno, il tempo di capire che si era davanti a un fenomeno prima che la storia delle colpe di Hodgson diventasse leggenda.
Dopo Brehme e dopo il brasiliano la danza del terzino è diventata quasi un tormentone, anni a inseguire il laterale sinistro e, qualche volta, anche il destro. Maicon ha rotto gli equilibri, Chivu si è adattato, scalando da centrale a laterale per Josè e l’Inter ha vinto tutto.
Negli anni della ricostruzione però l’andare e venire dei laterali, che fossero in difesa o a centrocampo, si è fatto insistente e nevrotico.
Da Cancelo in avanti è stato un continuo innamorarsi e perdersi.
L’ex Valencia arriva con Spalletti, ci mette tre mesi a capire il calcio italiano e poi esplode in tutta la sua classe, i tifosi se ne innamorano e quando capiscono che i 30 milioni del riscatto sono troppi per la società gli crolla il mondo addosso. Ma come, proprio ora che ci si iniziava a divertire?
Dopo anni di attesa l’Inter riscopre Perisic che, per sbocciare definitivamente, si trasferisce in Baviera e al ritorno a Milano si presenta trasformato da anatroccolo in cigno. Il tempo di godersi il suo compimento che il croato fa le valige e torna da Conte in Premier.
Mi ricordo ancora quel pomeriggio di marzo 2020 quando, a sorpresa, uscì la notizia dell’acquisto di Hakimi. Incredibile, un giocatore giovane di proprietà del Real acquistato in un giorno qualsiasi di primavera a 40 milioni. L’Inter, grazie a Marotta e Ausilio, aveva la sua freccia che, insieme a una squadra fortissima, porterà lo scudetto numero 19. Inutile dire che, a fine anno il marocchino salutò per raggiungere gli sceicchi del PSG.
Hakimi sta giocando un grande Mondiale, è in semifinale e affronterà la Francia per cercare di compiere il miracolo e raggiungere la finalissima. Dopo la vittoria contro il Portogallo Hakimi si è lasciato scappare un “forza Inter sempre” che ha riacceso i sogni più estremi dei tifosi interisti.
Diciamolo subito, la trattativa per riportare il marocchino ad Appiano è a dir poco proibitiva ma, in sincerità, lo pensavo l’anno scorso anche per Lukaku. Sappiamo tutti com’è andata a finire, il belga ora è tornato in barba al mio scetticismo e al mio cinismo. La volontà del giocatore ha fatto tutto, i soldi sono stati un problema che, da insormontabile, è diventato marginale. Non dico e nemmeno credo che il discorso su Hakimi sarà simile ma, a questo punto, sognare è lecito e non costa mai nulla se non una piccola delusione finale.
Non posso però non scivolare da Hakimi verso Dumfries, i discorsi sono legati a doppio filo. Come descritto in precedenza sui giocatori di fascia ci tocca sognare e svegliarci. Dumfries è arrivato come post Hakimi, un ruolo ingrato che l’olandese ha svolto più che egregiamente. Denzel è un uomo serio, dedito alla causa che ha subito impressionato per determinazione e leadership. Non sono mancati assist e gol e, pur non essendo ai livelli del suo predecessore, ha conquistato tutti.
Ora, dopo Qatar 22, Denzel vale molto di più dei 13 milioni che l’Inter ha speso per comprarlo da PSV, il suo valore è quadruplicato e se arriverà l’offerta giusta anche l’olandese saluterà Milano. Sarebbe un altro peccato, un altro sacrificio sull’altare del bilancio, ma questi sono i tempi che corrono e lo sappiamo.
Dopo Denzel, se partirà, ne arriverà un altro a cui vorremo bene ma stando attenti a non innamorarci troppo. Chissà magari ritroveremo il faccione sorridente di Hakimi che tornerà a urlare “Forza Inter”.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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