Testa bassa e pedalare
Altro che acquisti invernali, ad Appiano Gentile servirebbe – facciamo serve – un motivatore, uno psicologo, un non so nemmeno io, aiutatemi, giurin giuretta che non so, non capisco, non riesco a trovare una lettura per quanto accade ormai dal lontano agosto: perché la squadra che ieri ha pareggiato a Monza è la stessa di mercoledì sera, la stessa in grado di azzerare le bocche da fuoco del Napoli gestendo e strameritando i tre punti al di là del misero uno a zero finale. Ora, cosa succeda nella mente di professionisti pagati molto assai tra giovedì e venerdì non mi è dato sapere, però qualcosa dovrà pur essere accaduto, cribbio, altre spiegazioni non possono esistere. E dire che la serata si era messa immediatamente per il verso giusto col vantaggio iniziale firmato da Matteo Darmian, uno dei pochissimi a salvarsi dal naufragio generalizzato del secondo tempo, uno spettacolo indecoroso solo da pensare. Il pareggio immediato del Monza, per come è nato, ci aveva d’altra parte raccontato che no, non avremmo trascorso una tranquilla serata in poltrona gozzovigliando in ricordo delle festività appena trascorse. Ci aveva rasserenato Lautaro Martinez rimettendo sulla retta via i peccatori nerazzurri, autori di una prima frazione appena appena sufficiente ma tale da garantire il minimo vantaggio. Senza picchi di gioco altissimi, anzi. Però ci si accontentava, certi di una ripresa in tono maggiore. Apriti cielo: l’Inter dei secondi quarantacinque minuti a pallone manco prova a giocarci, accartocciandosi su un nulla cosmico che non vedevo da tempo immemore. Un secondo tempo impossibile da raccontare: proprio perché non è stato fatto niente, dove niente sta per niente, mica tanto per scrivere qualcosa. Se a questo nulla si somma una direzione arbitrale davvero scarsa, il cui vertice viene toccato allorquando il signor Sacchi da Macerata riesce nell’impresa di annullare (che poi non si può parlare di annullamento, lui fischia senza ragione già prima) il gol del tre a uno giocopartitaincontro perché, a suo insindacabile giudizio, un difendente brianzolo inciampa nella scarpetta di un altro difendente brianzolo senza essere toccato da alcun attaccante interista beh, allora la frittatona con cipolla di lontani ricordi fantozziani è bella e servita. Al netto di tutto ciò che potremmo scrivere, anche dal nulla si può scrivere molto a volte, restano parecchi dubbi su una stagione incomprensibile. L’Inter ha subito 24 (ventiquattro) gol in 17 (diciassette) partite, roba che non può passare sotto traccia con un semplice e, vabbè, succede. No, non succede. Non deve succedere. Se in ogni trasferta subisci almeno una rete, se lontano dal Meazza parti sempre zero a uno beh, altro che problemino, è un problemone. Anche l’atteggiamento della squadra non mi è piaciuto: troppi sorrisi, troppa approssimazione, troppa sicumera, troppa spocchia che tanto vinco per diritto divino. Non ci siamo proprio, caro Simone, veda di fare qualcosa. Non si vince per grazia ricevuta, non si prendono tre punti sui campi delle cosiddette piccole perché ti chiami Inter, non funziona così. E, soprattutto, non esiste sentirsi – come si sta sentendo attualmente la gran parte dei tifosi – tagliati fuori dalla lotta scudetto a inizio gennaio. Questa roba qui non è più tollerabile.
Zitti, testa bassa e pedalare. Anzi, correre. Ci sono ancora traguardi da raggiungere, prestazioni come il secondo tempo di ieri – escludendo Sacchi - non sono accettabili da una tifoseria che, come nessun’altra, segue e appoggia i propri colori.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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