Meglio di quanto si credesse
Dal 26 maggio al 26 agosto tra tornado e mulinelli l’ambiente nerazzurro si è trovato a metabolizzare prima e a giudicare poi, una serie infinita di fatti che non sono ancora misurabili al netto.
Troppe situazioni di portata emotiva notevole, troppi cambiamenti dai contorni indefiniti, valutati in modo tranciante per necessità di semplificare una realtà che prima andava troppo al ribasso e che ora invece propone un inaspettato lieto fine.
L’arrivo di Correa migliora la qualità del reparto offensivo e aumenta il numero di soluzioni tattiche in una squadra che manca di un vero e proprio bomber d’area e che per questo ricorrerà ad una varietà di sistemi che dovrà permettere a più giocatori di arrivare al tiro o trovarsi in una situazione favorevole.
Simone Inzaghi, come Conte, privilegia una squadra corta e compatta, con un baricentro medio, utile per attaccare in grandi spazi, ragione che aveva permesso a Lukaku di esaltarsi.
Con Conte Simone Inzaghi condivide anche una linea difensive alta, in partite come quelle contro il Genoa, dove se l’avversario si rintana nella propria area l’Inter porta più giocatori in grado di mettere in difficoltà i piani tattici, ad esempio con il pressing per recuperare il pallone e sfruttare disimpegni stressati di chi non ha sufficienti mezzi o tempo per pensare.
Andando per sensazioni e ragionamenti la nuova Inter è parsa già equilibrata, ben organizzata e con le idee chiare. Conte, a prescindere dall’addio, ha lasciato un lavoro che viene sfruttato con variazioni sul tema, considerando che Inzaghi ora deve creare una grande alchimia in un reparto quasi del tutto rinnovato come l’attacco.
Il gioco dell’Inter in questi due anni spesso era prevedibile, eppure, nonostante lo spartito rigido era efficace per merito di qualità individuali, come di un’organizzazione alla quale mancava comunque un inventiva data poi da Eriksen, entrato fin troppo tardi e solo grazie all’infortunio di Vidal.
Per amor di verità va detto che il nuovo tecnico non ha rigidità e non ha sempre giocato con il 3 5 2.
Il primo anno alla Lazio aveva messo in campo la squadra con un 4-3-3, poi è passato a quel 3-5-1-1 che abbiamo visto in campo contro il Genoa, con Sensi dietro all’unica punta Dzeko.
Ora sarà interessante capire quale idea ha su Correa, posto che se un allenatore vuole a tutti i costi un giocatore non è necessariamente una buona notizia, come abbiamo visto con Spalletti e Nainggolan e Conte con Vidal. L’argentino è però più giovane e ha più fame e il tecnico lo vede bene nei mezzi spazi in cui lui si esalta.
Correa può giocare anche da esterno se viene ben protetto, ha velocità e sa superare l’uomo creando superiorità numerica ma il suo ruolo è comunque quello della seconda punta, nel quale ha giocato più spesso e con profitto.
La differenza, quella vera, questa stagione verrà fatta dalla gestione dei cali di forma.
La Lazio di queste ultime stagioni dava spesso la sensazione di essere straripante, poi arrivava una partita storta e tutto implodeva rovinando il lavoro fatto fino a quel momento.
Il calcio di Inzaghi è per una squadra brillante, con più soluzioni che necessitano di un lavoro collettivo sopra la media. La fonte di gioco della sua Lazio era Luis Alberto e i guai arrivavano quando calava o gli avversari trovavano valide contromisure, mentre qui le alternative sono diverse tra Brozovic, Calhanoglu e Sensi, più Barella che sa anche impostare.
Inzaghi dovrà continuare ad essere alchimista ma soprattutto feroce. La squadra a disposizione è orfana di uomini che sembravano irrinunciabili anche per un presunto ruolo identitario fatto di plastica e marketing di sé stessi.
Fa davvero piacere vedere invece che Eriksen sia ancora parte integrante della nuova Inter. Nel sito del club c’è anche lui nel reparto dei centrocampisti, con la nuova maglia e questo da un piacevole senso di umanità e speranza.
Un mese fa era difficile immaginare che l’Inter si sarebbe affacciata alla nuova stagione con delle velleità, oggi si parla ancora serenamente di possibilità scudetto e passaggio del turno in Champions ed è la vera vittoria di Marotta e Ausilio, i quali hanno fatto un mercato eccellente con il poco che la proprietà gli ha concesso di spendere.
Amala
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