ESCLUSIVA - Helveg: "Vi racconto i miei derby. Adriano era un cavallo. I tifosi mi dicevano..."

ESCLUSIVA - Helveg: "Vi racconto i miei derby. Adriano era un cavallo. I tifosi mi dicevano..."TUTTOmercatoWEB.com
martedì 2 novembre 2021, 10:34Esclusive
di Daniele Najjar

Una settimana che definire decisiva è un eufemismo: mercoledì la sfida da dentro o fuori in Champions League, contro lo Sheriff Tiraspol; domenica il derby contro il Milan. Due partite che l'Inter, ad inizio novembre, si trova già a non poter sbagliare, per non rischiare di perdere il treno qualificazione, in Europa ed il treno scudetto, in Italia. Settimana altrettanto decisiva per i rossoneri, che devono ancora trovare la prima vittoria dal loro ritorno nella massima competizione europea e che, in Serie A, non vogliono perdere terreno dal Napoli, con cui condividono la vetta.

La redazione de L'Intersita ha contattato in esclusiva Thomas Helveg, che il derby della Madonnina lo ha vissuto con entrambe le maglie, per parlare di come l'Inter ed il Milan stanno arrivando a questo doppio, decisivo appuntamento.

Thomas, lavori ancora nel mondo del calcio?

"Sì, ho lavorato nel mondo del calcio fino a qualche settimana fa, visto che ero in una scuola calcio e fino a due mesi fa ero vice allenatore nell'under 19 danese. Ho lasciato perché non era il momento giusto ed il posto giusto per me".

Che ricordo hai di quando, da giovanissimo, sei arrivato in Italia?

"Cambiò tutto per me. Avevo 22 anni, il passo di lasciare la Patria per affrontare un futuro senza avere la minima idea di come sarebbe andata, c'era molta tensione, ecco. Avevo tanta voglia di giocare ed meritarmi la chance. La difficoltà fu sicuramente la lingua. Non parlavo italiano, i compagni di inglese capivano poco o niente, fu un inizio difficoltoso. Per fortuna due compagni capivano inglese e parlavano un poco di italiano. Altro ricordo: per capire il modo di giocare, la tattica, dovevo stare molto attento ad osservare gli altri, facendo. Di quello che diceva il mister, allora Adriano Fedele, non capivo un tubo (ride, n.d.r.)".

Vai poi al Milan, dove trovi una grande squadra che sta per vincere tutto.

"Per fortuna ci sono arrivato dopo qualche anno di esperienza a Udine. Ormai conoscevo la lingua, il calcio italiano. Ero maturato. Il periodo era perfetto per me, ricordo che trovai una squadra che arrivava da due campionati non eccezionali. La pressione era tanta, si sentì subito. Per me era un salto doppio, per obiettivi, società, compagni, tutto. C'era un metodo totalmente diverso di prepararsi, di giocare. La cosa diventava più seria, era una delle società più forti nel mondo in quel momento, non potevi sbagliare più di tanto e si sentiva. Sono rimasto sorpreso dalla tranquillità che c'era, che ho vissuto anche all'Inter, poi. Il modo di fare del gruppo fu un sorprendente e piacevole da scoprire per me".

Oggi al Milan c'è il tuo ex compagno Maldini a costruire la squadra e Pioli a guidarla. Pensi stia seguendo la strada giusta per tornare grande?

"Seguo molto il Milan, credo non sia una sorpresa da dire, anche di più di Udinese e Inter, le mie altre due squadre italiane. Vedendo anche l'ultima sfida contro la Roma, mi sembra che abbia trovato un qualcosa che completa un po' tutto. Non ti so dire cosa, ma giocando bene o male i risultati stanno arrivando e questo è fondamentale. Guarda la Juve: non è una squadra scarsa, ma fa fatica a trovare risultati. Sono periodi che non durano tanto, ma alla fine chi raccoglie di più in questi momenti va a vincere".

In una città come Milano, come hai vissuto il passaggio all'Inter, la squadra rivale?

"Il passaggio ai nerazzurri non ha lasciato grande traccia. Non ho trovato grandi differenze, né durante le partite, né quando facevo una passeggiata in centro. Questo è stato molto piacevole. All'Inter mi sono trovato subito bene. C'era sempre qualche tifoso nerazzurro che ridendo mi diceva: 'ora sei nella squadra giusta di Milano'. Ma sempre con grande sportività, con lo spirito giusto".

Adriano era possibile da fermare, ogni tanto?

"Sia al Milan che all'Inter ho trovato campioni incredibili. Adriano era un avversario scomodissimo per tutte le difese. Fisicamente era già difficile da tenere. Non era uno tecnicamente troppo forte, ma fisicamente ti passava sopra. Non voglio fare paragoni, ma un po' Lukaku mi ha ricordato lui. Poi quando calciava... era come un cavallo! (ride, n.d.r.). Le difficoltà lui le ha trovate a livello mentale, al di fuori del campo. Credo fosse un po' fragile. Per fortuna che giocava con me!":

Siamo nella settimana del derby. Come vivevi a Milano i giorni precedenti a questa partita?

"Non era solo la settimana del derby, iniziava da molto prima. Ricordo la mia prima Stracittadina: già tre settimane prima si cominciava a parlarne, della sua importanza. Ogni volta che uscivamo dall'allenamento c'erano tifosi che volevano soltanto parlare del derby, fregandosene della partita successiva che veniva prima, che per squadre come Milan ed Inter è sempre fondamentale. La prima volta che vidi questa cosa fu una cosa divertente, perché vedevo queste persone che non pensavano ad altro. Arrivavo poi da fuori ed osservavo la grandezza di sfide come questa e Roma-Lazio. Una volta in campo poi, ho capito il tutto, su come veniva sentito da tutti. Una esperienza intensa: divertente, ma non facile".

E quello di domenica sarà fondamentale: che derby ti aspetti?

"Il derby rimane una partita importantissima, sempre. L'Inter insegue, con un distacco di 7 punti, sicuramente farà la differenza vincere o perdere perché potrebbe cadere a 10 punti o tornare in corsa per lo scudetto. Penso che i nerazzurri vorranno partire forte, andando all'attacco. anche se il Milan avrà la maggior parte dei tifosi dalla sua visto che è in casa. La squadra di Inzaghi ha molto di più da perdere. Al contrario al Milan anche un pareggio potrebbe andare bene, anche se ovviamente cercherà i 3 punti. Sarà una bella sfida, imprevedibile".

Hai vissuto l'Inter di Moratti. Che sensazione ti fa vedere oggi una proprietà cinese?

"E' la nuova realtà del calcio, si vede dappertutto. Da un lato è un peccato: è sempre piacevole avere la proprietà vicina alla squadra, perché si crea una situazione quasi familiare, in taluni casi. Dall'altro lato invece capisco che se una società vuole essere competititva a volte non basta avere gente che vive e lavora in Italia, ma può servire l'investitore straniero. Devono essere chiari gli obiettivi e quello che si ha fra le mani: a volte le offerte che arrivano dall'estero sono difficili da rifiutare. Ma il vero problema nel mondo del calcio di oggi è un altro".

Quale?

"Collegato a quello che mi chiedevi tu: è molto raro oggi vedere giocatori come Maldini, Zanetti, Totti, legati per sempre ad un club. Questo faceva parte del calcio romantico, erano dei simboli. Si può paragonare a chi sta dietro le società: è molto più affascinante se chi comanda la società è legato al club in maniera viscerale, come fu per Moratti. Ma il calcio è cambiato".

E magari era più facile creare storie così se alla guida del club c'erano presidenti-tifosi, è corretto?

"Esatto. Credo che queste storie bellissime possano ancora esistere, ma nel calcio di oggi ci sono tante altre strade che sono d'intralcio a questo romanticismo, ecco. E' un discorso che va oltre al calcio".

Come hai vissuto quanto successo ad Eriksen?

"Non solo in Danimarca, ma credo in tutto il mondo, chi ama il calcio ha vissuto quanto successo rimanendo scosso. Io ero allo stadio, non si capiva come stesse, sono state ore di grande paura, spavento. Non è stato piacevole. E' finita bene, per fortuna. Abbiamo avuto un grande sospiro di sollievo. Cose come questa riuniscono la gente. In Danimarca, l'amore per la nazionale è stato rafforzato. Fra le difficoltà dovute al Covid-19 e la vicenda-Eriksen, la nostra Nazione si è riunita sempre di più. Già c'era voglia di festeggiare per il ritorno allo stadio. Quindi: grande spavento, ma anche una cosa bella, un mix di emozioni incredibile. Ora lo posso dire perché è andata bene per Christian. Ora se vedi la Nazionale quando gioca, è un'onda di emozione che non finisce mai. Non dico che sia così a causa di quanto successo a lui, ma sicuramente ha contribuito". 

Cosa ti auguri per il suo futuro?

"Non so cosa succederà. In Italia ci sono delle regole, che dovranno essere rispettate. Alla fine è solo Christian che potrà dire come vede il calcio, ora, cosa sente. Se vorrà ancora essere un atleta o no. Quanto accaduto lascia tanti pensieri ad uno come lui: dovremo solo rispettare la sua decisione. Se giocare, dove farlo, se smettere. Qualunque sarà la sua decisione, sarà la cosa migliore per lui".