Cuore e grinta. Lasciamo parlare gli altri: a volte lo fanno con cognizione, a volte rosicando

Cuore e grinta. Lasciamo parlare gli altri: a volte lo fanno con cognizione, a volte rosicandoTUTTOmercatoWEB.com
domenica 10 marzo 2024, 22:32Editoriale
di Gabriele Borzillo

Certo, la matematica non è un’opinione e, pertanto, finché il distacco da chi insegue non sarà incolmabile teniamo sempre un profilo umile anzi, umilissimo. Lasciamo che gli altri continuino a parlare, a volte con cognizione di causa, a volte rosicando talmente forte che si sente lo stridore dei denti a chilometri di distanza. Noi dobbiamo proseguire il cammino in campionato pensando partita dopo partita, senza lasciarci prendere da un’euforia che potrebbe rivelarsi deleteria, dalla pancia piena che ti impedisce di continuare a mangiare, dalla sicumera che fa dimenticare i sacrifici compiuti per arrivare a questi livelli. No, stavolta niente maniavantismo, stavolta è la semplice razionalità a farmi parlare anzi, scrivere. Ora testa bassa pensando a Madrid, alla corrida che ci attenderà nel nuovo impianto dell’Atletico, non mi aspetto sicuro la brutta squadra sconfitta a Cadice, conosciamo bene Simeone e la sua capacità di rendere nella più importante competizione per club europea, facciamo pure mondiale senza che nessuno si offenda, non ce n’è motivo: o forse qualcuno pensa veramente che le sudamericane attuali siano a livello delle grandi corazzate del vecchio continente?

L’Inter, per festeggiare il suo compleanno numero 116, era attesa da un impegno di quelli ardui, pesanti, complicati: Bologna, stadio Renato Dall’Ara, nella tana della squadra più in forma del campionato nostrano, quella che gioca un gran calcio, quella che non perde mai la testa ma, anche se in svantaggio, continua imperterrita a macinare il proprio gioco, specchio di un allenatore che farà strada in un futuro nemmeno troppo lontano. La curiosità, forza dell’avversario di turno a prescindere, stava nel capire come sarebbe scesa in campo l’Inter, se concentrata e sportivamente affamata come sempre o se, alternativa, distratta dalla Champions che tanto ci sono 15 (quindici) punti sulla seconda, a inizio marzo: roba non pronosticabile neanche dal più accanito tifoso nerazzurro. Nerazzurro, lo ripeto per la millemilionesima volta, perché i padri fondatori dell’Inter, nella fattispecie Giorgio Muggiani, scrissero “il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle”. Non turchese, celeste, blu di Prussia, blu elettrico, blu oltremare: no, nero e azzurro, cribbio. Non è difficile: nero e azzurro, ripetiamolo tutti insieme per rendere felici anche i nostri nonni.

Torniamo alla partita dopo il pistolotto sul colore della maglia che non gliene frega niente a nessuno ma a me sì. Che volete, sono assai tradizionalista quando si tratta della mia squadra di calcio. La partita ci ha raccontato che l’Inter è camaleontica, capace di indossare l’abito buono per tutte le occasioni. Gioca un primo tempo di sostanza, creando e sbagliando ma impedendo al Bologna di essere pericoloso a parte un tiro dalla grande distanza sul quale Sommer volteggia più per le macchine fotografiche che altro, il nostro numero uno il vero intervento importante lo compirà nel secondo tempo facendosi trovare pronto, come sempre: poi, nella ripresa, si ritrae lasciando pallone e campo agli avversari che, a memoria, fanno un tiro uno già ricordato un paio di righe sopra. Tener palla ossessivamente costruendo poco non conta: anzi, no, conta ai fini statistici. L’Inter si è difesa, ha subito senza subire, ha dimostrato che farle gol non è impresa facile. Soprattutto ha dato prova di una maturità e una consapevolezza proprie delle grandi squadre, quelle che una volta si chiamavano di rango.

Con buona pace della Marotta league e dei suoi fautori.

Alla prossima.

Avanti l’Effecì.