Una pretesa irragionevole
Trascorse ventiquattro ore dalla bellissima partita giocata dall’Inter contro il Benfica è persino difficile trovare un attore principale preferendolo ad altri. Questa squadra è stata progettata con il chiaro intento di essere polimorfica e indipendente da un singolo protagonista. La dipendenza vera l’Inter ce l’ha dal suo gioco. Nel bene e nel male.
L’avvio di Lautaro ha portato a giudicare la squadra come dipendente dai suoi gol ma la lettura è naturalmente più complicata.
Lautaro infatti, oltre ad essere diventato un attaccante tra i migliori al mondo, è totalmente calato nel ruolo di capitano e nella dimensione nerazzurra, al punto da pensare seriamente, qualora arrivasse il sospirato rinnovo, che possa diventare un nuovo Javier Zanetti.
Mi ha colpito vederlo trascinare la squadra con l’esempio, mentre inseguiva gli avversari, tornava indietro per dare una mano in difesa e, forse anche per eccesso di generosità, falliva per un soffio palle gol che, per inciso solo casualmente non sono entrate in porta (palo, traversa, salvataggio a pochi metri dalla porta).
Il primo tempo dell’Inter ha mostrato le lacune che stiamo imparando a conoscere meglio questa stagione: con un ritmo più basso aumentano paradossalmente gli errori in fase di appoggio, le chiusure sono più imprecise e le iniziative sono velleitarie. Anche la difesa non riesce più ad impostare in modo convincente dal basso perché senza Onana, manca un interlocutore in più, Acerbi sembra più lento e Bastoni si sfinisce.
Se non c’è movimento e la squadra avversaria alza la pressione ci sono meno spazi e il palleggio dal basso diventa macchinoso e prevedibile. A questo andrebbe trovato un rimedio.
Si aggiungono dei rischi che per fortuna non sono stati pagati, ma quell’errore nella lettura di una rimessa laterale che ha portato Aursnes a tu per tu con Sommer che per ha fatto una parata decisiva, grida vendetta. Barella poi ha fatto un recupero eccezionale ma ha rischiato il rigore in un recupero nella propria area.
Nonostante questa premessa anche nel primo tempo l’Inter avrebbe meritato almeno un gol, considerando le occasioni sciupare di un soffio da Mkhitaryan, Acerbi e Barella.
Se l’Inter avesse giocato con quel piglio anche nella ripresa ci sarebbe stato il rischio di assistere ad una partita in bilico fino all’ultimo. Invece fin dal primo minuto del secondo tempo la squadra ha collettivamente mangiato la partita e il Benfica. I portoghesi si sono visti arrivare una marea nerazzurra che hanno arginato solo in parte e sono rimasti in partita solo grazie alle circostanze.
L’entusiasmo per aver assistito di una nuova esibizione della squadra Inzaghi è giustificato ma è ingiusto pretendere che possa esserci una continuità con questi ritmi. Oggi nessun club al mondo è in grado di fornire lo stesso livello di prestazioni, considerando il folle calendario (che l’anno prossimo vedrà aumentare ulteriormente il numero di partite). Nemmeno il Manchester City (battuto recentemente dai Wolves) o il PSG che ha pareggiato col Clermont. Non è umano giocare a ritmi alti tra viaggi, rientri alle due del mattino, partite due giorni più tardi, interruzioni per le Nazionali e altri voli interminabili, con inevitabili infortuni muscolari che puntualmente hanno colpito l’Inter e altre squadre. Casomai Inzaghi ha la necessità di capire se possono esserci modi diversi di impostare la manovra con un andamento più compassato, senza essere vulnerabili come accaduto col Sassuolo e la Real Sociedad.
Va tenuto presente che l’Inter è in testa al suo girone e in Campionato e le critiche, arrivate comunque, sono figlie di un’asticella inevitabilmente alzata. Se si ha la sensazione di poter vincere più trofei è grazie alla convinzione che questa rosa sia entusiasmante, pur senza avere la stessa ricchezza dei club più potenti. Giusto dunque analizzare limiti, difetti ed esaltare le qualità ma pretendere un livello costantemente alto è incongruo con l’elevato numero di impegni a istanza ravvicinata e qualche infortunio che pregiudica la turnazione. Va bene così e si riesce a mantenere la calma.
Amala
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