Nel segno dell'Inter. Qualcuno sarà forse costretto a chiedere scusa alla dirigenza?

Nel segno dell'Inter. Qualcuno sarà forse costretto a chiedere scusa alla dirigenza?TUTTOmercatoWEB.com
domenica 17 settembre 2023, 22:14Editoriale
di Gabriele Borzillo

Mentre scrivo sto ancora sfregandomi gli occhi per quello che ho visto in questo tardo pomeriggio milanese, piovoso a tratti. L’Inter vince il derby: no, scusate, l’Inter stravince il derby, seppellendo i cugini sotto una manita difficile da digerire. Vince l’Inter, vince Simone Inzaghi, vince il suo gioco, vince la rosa, il gruppo squadra: vincono un po’ tutti, insomma.

Però due parole voglio spenderle in onore del Signor Enrico Mkhitaryan da Erevan, trentaquattro anni che sembrano dieci di meno, intelligenza calcistica ben oltre la media, capacità di entrare nelle partite ad alto coefficiente di difficoltà elevatissima. Da lui, dai suoi piedi, sono partite le azioni più pericolose costruite dai nostri eroi. Da lui, dai suoi piedi, sono arrivati il gol di apertura e quello che ha ammazzato definitivamente una partita che si stava facendo un filo complicata dopo l’uno a due di Leao. E altre due, parole, le spendo volentieri per Marcus, ormai uno dei nostri senza se e senza ma. Il raddoppio è, direbbero a Napoli, nu babà confezionato in maniera clamorosa: Marcus sa fare tutto, indipendentemente da quanto mostrato ieri pomeriggio. Difende palla, parte a mille all’ora, è un punto di riferimento costante per i compagni che lo cercano spesso e volentieri, pressa la difesa avversaria, rincorre chiunque passi dalle sue parti. Completo, mi viene in mente questo aggettivo: Thuram è un calciatore completo, capace di giocate da stropicciarsi gli occhi ma, quando serve, non si vergogna di portare le borracce per gli altri. Il compagno di squadra che chiunque di noi, giocando a pallone, vorrebbe avere.

Poi c’è Simone. Il demonio Simone. Ogni volta che lo incontra Pioli ci capisce poco, in questo 2023 facciamo pure pochissimo che dire niente non è bello, anche se è il resoconto lineare e realistico, senza mezze misure, di un annus horribilis del tecnico di Parma ogni volta in cui ha incontrato colori del cielo e della notte. Simone, al contrario, sembra scherzare coi cugini. Certo, qualche derby lo ha perso, fa parte del gioco, ma oggi Inzaghi appartiene al novero degli allenatori di livello, alto livello: altissimo ancora no, manca quel qualcosa che lo possa incoronare definitivamente anche se la finale di Champions raggiunta, e il modo in cui l’Inter l’ha giocata, lo proiettano di diritto nel gruppo dei grandi. Forse qualcuno finalmente capirà per quale motivo Simone continui a insistere sul giovanotto armeno, in attesa della consacrazione definitiva di Frattesi, anche ieri pomeriggio valore aggiunto quando è stato chiamato a rilevare Barellino nostro. Perché la differenza, in questo inizio stagione, è che nel campionato scorso, al minuto settanta, quando si cambiava, il baricentro tendeva ad arretrare: oggi, quando si cambia, si mette il turbo e si parte alla ricerca dei tre punti. Forse, è ancora molto presto per dirlo - siamo alla quarta giornata, non alla trentaquattresima – qualcuno potrebbe essere costretto a domandare scusa a Marotta, Ausilio, Baccin e a chi è stato etichettato, troppo presto, un giocatore come tanti altri, col difetto di segnare anche poco.

Ma di polemizzare, oggi, me ne frega letteralmente zero.

Alla prossima, avanti l’Effecì.