Inzaghi e Thuram contro i preconcetti e giudizi standardizzati di una parte di tifo
Ci sono diversi modelli di preconcetto. All’Inter in questo momento ne esistono due. Il primo, instaurato da tempo e profondamente radicato è collegato a Inzaghi, il secondo, è in essere ma ha tutti i crismi per diventare un argomento divisivo tra tifosi e opinionisti fino al termine della stagione.
Nel caso di Simone Inzaghi la resistenza nei suoi confronti da una parte del tifo è ormai connaturata. Ogni giorno in radio mi confronto con chi lo ama e chi lo guarda con diffidenza. Dopo l’ultima stagione diciamo che è aumentato il numero di tifosi che si colloca in una zona grigia ma è pronto a prendere una posizione netta. Inzaghi, dopo due stagioni, deve aver destabilizzato tutti per il contrasto tra i risultati deludenti ed entusiasmanti, per la gestione tecnica e la modalità comunicativa che suscita reazioni diverse. Due anni fa non ero convinto che Inzaghi potesse essere l’allenatore giusto dopo Conte, per quanto mi rendessi conto che era il meglio che ci fosse a disposizione a quelle cifre. Ritenevo e scrivevo inoltre che a prescindere dalle (mie) perplessità, se Inzaghi fosse riuscito a vincere con l’Inter sarebbe stato un gigantesco passo avanti perché in genere l’Inter nella storia ha vinto con generali, trascinatori, raramente lo ha fatto con allenatori “aziendalisti”, compassati e dedicati soprattutto ad un’idea di gioco.
In questi due anni Inzaghi ha vinto quattro trofei, raggiunto una finale di Champions ma gli è sfuggito lo scudetto, con particolare riferimento al primo anno, visto che nel secondo è stato un assolo del Napoli. Come tanti, forse tutti, ho avuto parecchie perplessità fino a marzo. Ritenevo però che l’esonero fosse sbagliato, anche quando la dirigenza, dopo la sconfitta in casa col Monza, si era riunita fino a tarda notte negli spogliatoi per decidere cosa fare.
Mi sono ritrovato a sperare che non lo cacciassero.
I fatti hanno raccontato nei tre mesi successivi una storia incredibile, del tutto inedita nella storia di questo club ma la resistenza verso di lui da parte di molti è rimasta. Io ho cambiato buona parte delle mie idee perché questi mesi hanno ridefinito l’immagine di un tecnico che non ha certamente una comunicazione brillante ma che oggi è più rassicurante.
E’ difficile descrivere una percezione ma quando l’ho seguito con più attenzione da aprile a giugno, nei diversi contesti, l’ho osservato da vicino nel giorno della presentazione fino alla prima di Campionato, ho visto un allenatore cresciuto, migliore, padrone della situazione e abbastanza maturo da reggere il peso di una responsabilità che lo espone a critiche e difficoltà quotidiane.
E’ soprattutto un impressione, non è nemmeno qualcosa di tangibile ma per restare all’Inter tre anni, con un vortice infinito, mantenendo la squadra ad alti livelli, significa avere qualcosa in più. Oggi in giro, ad eccezione di Ancelotti e Guardiola, a cui è stata costruita una squadra stellare con investimenti folli, non ci sono grandi tecnici che abbiano mostrato di avere qualcosa in più. Ci sono emergenti tra i quali De Zerbi ma vincere con continuità è difficilissimo.
Inzaghi può non convincere ma mi tranquillizza come non era accaduto le estati precedenti, questo non significa che se ci sarà da muovergli delle critiche non gliele farò (quello che i riduttori del pensiero chiamano “scendere dal carro”) e quando sarà il caso di fargli i complimenti: altrettanto (“salire sul carro”, fa tristezza doverlo pure spiegare).
Verso Thuram invece è già in corso un preconcetto verso il suo tipo di gioco. Uscendo da San Siro i commenti erano estremamente diversi.
Chi lo critica sembra poco interessato alle giocate, i recuperi palla, gli slanci con gli avversari che si affannano e il lavoro per la squadra ma guarda quasi esclusivamente al gol perché, dicono: “è un attaccante e deve segnare”.
In realtà una squadra non ha principi tattici tanto standardizzati, il calcio evolve e ci sono giocatori atipici come lui. Thuram ha giocato fino a tre anni fa come esterno d’attacco, poi nel Borussia è stato spostato in avanti come punta di riferimento e stava andando tanto bene da convincere l’Inter a prenderlo già nel 2021. Quell’estate si è rotto il legamento e ha perso praticamente un anno. Complessivamente è come se avesse giocato da punta solo due stagioni e mezzo. Va valutato in base alla crescita e ai movimenti che fa in campo e quello che ho visto col Monza è un giocatore importante che credo continuerà a non convincere chi si aspetta soprattutto il gol.
Basta saperlo.
Amala
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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