Il più grande interista di sempre compie 100 anni
Il 10 dicembre Peppino Prisco compie 100 anni.
Ieri l’altro è uscita la riedizione di questo libro storico, “Pazzo per l’Inter” (ed. Baldini + Castoldi), una lunga chiacchierata tra Prisco e Giuseppe Baiocchi.
Se siete troppo giovani o arrivate da Plutone vi riassumiamo in 9 parole chi era (è) Peppino Prisco: semplicemente il più grande tifoso dell’Inter mai esistito.
Mi hanno chiesto di scrivere la prefazione al libro e io so perfettamente che nessuno legge i libri e figuriamoci le prefazioni. E quindi l’ho scritta. Ma siccome nessuno legge i libri e figuriamoci le prefazioni, vi incollo qui la prefazione. Che nessuno leggerà. Ma leggete almeno il libro, ne vare la pena, giuro, figuriamoci se avete il sangue neroblu.
Buon secolo, Peppino.
Chi legge le prefazioni? Nessuno. O forse non le leggo solo io. Cioè, ho comprato un libro perché amo Peppino Prisco e devo perdere tempo con quattro puttanate scritte da un semi-sconosciuto? Ma chissenefrega.
Cosa si scrive nelle prefazioni? E che ne so? Del resto non le leggo. E il motivo ve l’ho appena spiegato.
E allora perché stai scrivendo una prefazione, di grazia? Perché perdi tempo? Perché contribuisci drammaticamente alla deforestazione di siffatto pianeta? Perché me lo hanno chiesto.
“Ci sarebbe da scrivere una prefazione”. “Non ci penso neanche”. “Ma è il libro di Peppino Prisco”. “Ah, minchia, Peppino Prisco. Uno dei pochissimi geni che hanno trovato la chiave per sfottere tutti quanti e allo stesso tempo essere ammirati dagli stessi che venivano sfottuti. Peppino Prisco, un gentiluomo, un grande interista. Peppino Prisco, l’avvocato, il tifoso, il vicepresidente. Peppino Prisco, mito unico e solo…”. “…Oh, la scrivi questa prefazione o no?”. “Certo che la scrivo, il mio ego nerazzurro ne ha bisogno come la cozza ha bisogno dello scoglio e in ogni caso che problema c’è? Tanto non la leggerà nessuno. Tu conosci qualcuno che legge le prefazioni?”. “No, per questo la affido a te”.
Ed eccoci qua.
Tutti quanti hanno un motivo per essere interisti, milanisti, induisti, trapezisti e altre cose che finiscono in “-isti”. Io ricordo perfettamente perché ho scelto il nero e l’azzurro. Ve lo racconto brevemente, anche se ve ne frega il giusto.
È il 15 maggio 1988. Quel giorno si gioca Como-Milan. Con un pareggio Sacchi vince lo scudetto e il Como si salva. Il risultato è scritto. Allo stadio G. Sinigaglia di Como i bambini alti meno di un metro non pagano per tradizione. Per tutta la settimana "La Provincia" annuncia: "I biglietti sono esauriti e la baracconata dei bimbi alti meno di un metro in questo caso non vale". Mio padre, milanista nel midollo, ha acquistato per tempo il suo biglietto per la Curva Ospiti e non sta nella pelle: “Domenica ti porto allo stadio figlio mio! È un grande evento e tu sei milanista, cuore di papà!". Sia messo a verbale che sarò stato alto almeno un metro e venti. Forse uno e trenta. Arriviamo al Sinigaglia. C’è la folla delle grandi occasioni. Scambio papà/addetto all'ingresso. "Ci fa entrare? Come può vedere ho il biglietto". "D'accordo gentil signore, ma cosa facciamo con il bambino? Lo parcheggia qui?". "Il bambino è alto meno di un metro – annuncia mio padre alzando la voce per cercare consensi - entra gratis!". "A parte che sarà alto uno e cinquanta (clamorosa sparata dell'addetto per mettere mio padre alle corde ndr) ma poi per questa partita non vale, lo ha ben scritto anche La Provincia in settimana…". "Ma guardi il bambino, soffre molto...". (Papà mi aveva avvisato: "Se non va bene il piano A, commuoviti, fai uscire delle lacrime, datti da fare insomma"). Sono in grande imbarazzo, la gente ci osserva come si osserva la donna barbuta al circo, il babbo mi fissa come per dire “è il momento, piccolo minchione” e allora trovo il coraggio: faccio partire un pianto "a sirena" da Oscar. I tifosi del Milan sposano la causa, sono tutti dalla parte di mio padre e si rivolgono all’addetto: “Lo faccia entrare! Ma non vede che è un bambino con dei problemi?!”. Mi vergogno come un ladro di uva. Ci pensa l’addetto, scocciato, a interrompere quel momento tragico: "Ah, che scena ridicola! Entrate orca miseria, entrate! E comunque ha ragione Prisco!". Non so cosa intendesse con quel “ha ragione Prisco”, ma so con certezza di essere diventato interista quel giorno, per micidiale e doverosa “ribellione paterna”. Per la cronaca, finì 1-1.
(Giuro che ho quasi finito).
Peppino Prisco aveva un segreto per non ammettere la superiorità dell’avversario: negarla sempre, anche se evidente. E sapeva anche digerire una sconfitta: bastava fingere che quella partita non fosse mai esistita. Peppino Prisco è un esempio praticamente unico di pragmatismo, paraculismo e leggerezza. Se fosse vissuto all’epoca dei social avrebbe dato una bella lezione ai quattro minchioni che vivono il calcio come se fosse una cosa seria. Li avrebbe stroncati con una battuta, uccisi con l’ironia, massacrati con un calembour. Peppino Prisco è il primo twittatore della storia e se oggi fosse tra noi direbbe “uè, pirla, adesso piantala, che sei partito bene e ora sembri quasi un milanista”.
E allora vi lascio con un estratto illuminante, sottratto alla penna di chi scrisse la prima prefazione a codesto volume e ora ha lasciato posto a me. Si chiamava Oreste Del Buono, era un altro geniaccio, uno scrittore, un giornalista, un grande amico del Peppino, seppur rossonero come il mio babbo.
“Peppino Prisco rappresenta il vero interista. Uomo di grandi virtù, nella passione sportiva diventa il peggio del peggio. Il vilipendio sistematico dell’avversario; la diffamazione praticata con ferocia, l’abuso dell’inesauribile estro satirico, l’assoluta incapacità ad ammettere
una sia pur temporanea, effimera superiorità altrui anche nei casi più clamorosi, il coriaceo rifiuto di arrendersi all’evidenza e il maniacale ricorso al revisionismo storico e astorico sono le sue armi, ma non le sole”.
E con questa invenzione del menga e, cioè, la ripubblicazione di parte della vecchia prefazione nella nuova prefazione, di una prefazione che non avrei voluto scrivere ma infine ho scritto, mi levo dalle balle, ma non prima di aver messo su carta i tre “vanti” del tifoso interista:
1) Non sono mai stato in B.
2) Ho realizzato il Triplete.
3) Peppino Prisco tifava per il nero e l’azzurro.
Peccato che non abbiate letto questa prefazione.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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