Gita premio a Monaco di Baviera

Gita premio a Monaco di BavieraTUTTOmercatoWEB.com
domenica 30 ottobre 2022, 10:50Editoriale
di Gabriele Borzillo

Niente da dire, questa Inter ormai credo abbia convinto tutti o quasi i suoi tifosi, detrattori e non, innamorati di Simone Inzaghi e non. La squadra è cresciuta in maniera esponenziale dal punto di vista atletico e, soprattutto, mentale: sa gestire le partite, sa quando accelerare o frenare, sa quando correre o rallentare il gioco. Perché ha trovato un centrocampo di grande spessore, piedi ottimi accanto a cervelli calcisticamente evoluti. E sì, innegabile, è stato un inizio faticoso, costellato di trappole dove spesso ci siamo infilati da soli, tre volte tre in vantaggio – Milan, Udinese e Roma – tre volte rimontati e sconfitti senza nemmeno, eccezion fatta per la Roma che se la rigiochi cento volte la vinci novantanove, reagire, lasciandosi trasportare dagli eventi come una nave senza nocchiero nel mare in tempesta (ho sempre voluto scriverlo). Peccato soprattutto perché, provate a fare due conti elementari, sarebbero bastati un paio di punti in più per credere nello scudetto con maggior convinzione: oh, sia ben chiaro, io ci credo eccome, questa Inter non è inferiore a nessuno nel torneo indigeno, se la gioca serenamente col Napoli e coi cugini, peccato non averli incontrati adesso. Ma il calcio non è sport da come sarebbe stato se, quindi limitiamoci a guardare in faccia la realtà attuale. Che ci propone una fantastica gita premio a Monaco di Baviera, città bellissima, vale sempre la pena visitarla. Novanta minuti di pura serenità, senza nulla in palio che non sia qualche milioncino di euro in caso di vittoria: troppo poco per dannarsi l’anima in vista di domenica prossima, trasferta fondamentale per il prosieguo della rincorsa a chi ci precede e, in special modo, occasione ghiotta per eliminare una diretta concorrente magari non in maniera definitiva, manca troppo alla fine, però vincere sarebbe un segnale fortissimo per tutte, avversarie dirette e non. Intanto continuiamo a goderci questa Inter, questa nuova Inter sbocciata improvvisamente dopo quella sconfitta casalinga immeritata proprio, tu guarda, contro un simbolo nerazzurro come Josè da Setubal. 

Ieri non era facile o, meglio, meno facile di quanto si poteva immaginare per più di una ragione. La più evidente legata alla fatica fisica e mentale di una partita da disputare tre giorni dopo un impegno così complesso come quello di Barcellona. Non sai mai come possono rispondere i muscoli: non sai mai come può rispondere la testa, il rischio di sottovalutazione dell’avversaria è oggettivo, lo abbiamo visto tante e tante volte nella storia del pallone. In realtà l’Inter di ieri sera parte piano, come saggiando la consistenza altrui: poi, appena la Samp cala un filo l’attenzione in difesa, de Vrij colpisce e siamo uno a zero. La perla del raddoppio è frutto di due grandi giocatori che stanno finalmente bene: e quando stanno bene parliamo di gente che non sfigurerebbe in nessun club e su nessun terreno di gioco. La partita, di fatto, la chiude Barella, Nicolò è tornato a livelli altissimi e tutta la squadra ne trae vantaggio. Il gol di Correa ci fa capire che il ragazzo, tecnicamente, è sopra la media: gli manca cattiveria, garra, grinta, ingredienti che non compri o trovi al mercato ma che, se vuoi giocare nell’Inter, devi necessariamente inserire nel curriculum. Al liceo, dopo aver incredibilmente raccattato un otto pieno nella versione di greco, il professore consegnandomi il compito in classe mi disse: Gabriele, si ricordi che una rondine non fa primavera. Bene: Tucu, che sei forte lo sappiamo. Ma il gol di ieri non è una tappa d’arrivo, casomai di partenza. È un momento in cui abbiamo bisogno di tutti, nessuno escluso.

Alla prossima.