Faccia qualcosa di interista, Simone
Quarta sconfitta su otto partite disputate in campionato. Questo è lo score dell’Inter inzaghiana, quella fantasmagorica del trecinquedue senza grinta, mordente, idee e voglia. Non ricordo, a memoria, una partenza tanto imbarazzante dai tempi di Gasperini, potrei serenamente sbagliarmi. L’Inter è brutta da vedere e, soprattutto, sfigata oltre ogni ragionevole dubbio. Oddio, ieri la squadra non ha giocato male, soprattutto i primi trenta minuti sono stati non dico dominati ma, a tratti – brevissimi – sembrava quasi di essere tornati all’anno scorso, ai bei tempi antichi che da gennaio in avanti tirerei una riga, forse un pochino tutti abbiamo sottovalutato quelle sette partite sette punti che sono costati il campionato, a parziale scusante due coppe nazionali vinte battendo le avversarie storiche di sempre: la squadra, dicevamo, non ha giocato male. Poi solito orrore difensivo, stile derby per intenderci, segno che chi sta sul prato verde non impara dagli errori del passato ma persevera in una pietosa interpretazione di partenza dal basso che attualmente non siamo in grado di supportare per evidente disattenzione di metà squadra, gol imbarazzante subito, primo tiro in porta nemmeno irresistibile - qui bisognerebbe aprire un discorso differente – e frittata servita.
Da lì, da quel gentile omaggio all’avversario che noi siamo diventati la settimana della cortesia con chiunque, regaliamo palloni e occasioni a tutti senza esclusione di blasone, classifica, palmarès, siamo come scomparsi dal campo che neanche il triangolo delle Bermude, incapaci di andarci a riconquistare un pallone uno, reagire con forza e grinta, con la voglia di rimettere sotto chi avevi di fronte mostrando muscoli e cuore, sfrontatezza e coraggio. No, tutti fermi in campo, spaventati, intimoriti, con la faccia stile speriamo vadano dall’altra parte che sennò faccio una brutta figura. Il secondo tempo un pochino meglio ma, intendiamoci, nulla di trascendentale. Da qui la domanda: dove è finita l’Inter? Perché non è questa. Questa assomiglia più a un insieme di giovanotti intenti a giocare ciascuno pro domo sua, con l’aggravante di non seguire nemmeno l’uomo che scappa. I nerazzurri non hanno un singolo problema: sono oberati dai problemi. A cominciare dal dilemma portiere mai risolto da Inzaghi fino a qualche giorno fa, quando il tecnico piacentino ci ha fatto capire che Handanovic sarà titolare sia in campionato che in coppa. Allora mi chiedo: cosa si è andati a prendere Onana cosa? Per quale motivo un estremo difensore reattivo, rapido, potente, dotato di un bel piede sta seduto in panchina? Io non dimentico quanto di buono ha fatto Samir per noi: non lo dimentico e non potrei mai farlo. Ma arriva il momento in cui è necessario passare la mano con onore calcistico. La causa nerazzurra si può servire anche aiutando il più giovane a comprendere i meccanismi complicati del calcio italiota. Il portiere, però, è solo la torre più alta di un castello con fondamenta di sabbia, magari bello in apparenza ma capace di crollare al primo soffio di vento più forte della media. È qui che entra in ballo il manico, chi guida i giocatori dalla panchina. È qui che chi comanda deve fare la differenza. È qui che il capitano deve essere bravo a capire cosa sta succedendo e come rimettere in sesto la nave. Tutto questo, nell’Inter attuale, pare non accadere. La soluzione del problema, dei problemi, è un bel trecinquedue che tutto passa. No, caro Simone, non funziona così: stavolta non basta. Lo ripeto, non sono mai stato favorevole ai cambi in corsa, non portano e non aggiungono nulla: anzi, spesso peggiorano la situazione. Allo stesso modo, però, non si può continuare così, in un susseguirsi di balbettii e paure. L’ho già scritto e lo riscrivo: faccia qualcosa di interista Simone. Ma lo faccia davvero.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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