Caro Babbo Natale, rivorrei Lukaku e Correa. E un pizzico di "fortuna" in più
È Natale. È passato un altro anno. E, come tutti i bambini (quando si tifa si torna un po’, facciamo parecchio, bambini) vorrei chiedere qualcosa al Babbo Natale del calcio, qualcosa che possa trovare sotto l’albero: e, se proprio proprio fosse in ritardo beh, va bene anche domani, dopo, basta che arrivi.
Allora cominciamo: caro Babbo Natale, mi piacerebbe riavere Romelu, abbiamo dannatamente bisogno di Romelu, necessitiamo di Romelu, dell’uomo in grado di far male agli avversari ripartendo e portandosi dietro mezza squadra, l’altra mica la nostra. Certo, riusciamo a giocare anche senza. Diciamocela tutta, il suo sostituto, nell’immaginario collettivo Edin Dzeko, non mi sembra stia facendo male, anzi: il ragazzone bosniaco ci ha letteralmente presi per mano salvandoci dal pantano nel quale ci eravamo impelagati dopo una partenza che peggio non potevamo immaginare. Cinque sconfitte su tredici partite, strameritate fatta eccezione per quella casalinga con la Roma, sono un biglietto da visita pessimo per il prosieguo stagionale. Però, domando perdono, continuo a pensare che Lukaku avrebbe potuto trasformare certe sfide, soprattutto quando ci siamo trovati in vantaggio e non abbiamo saputo gestire, in primis tenendo a freno i difensori avversari, spaventati dal lasciare il gigante belga nell’uno contro uno, in secondo luogo dal punto di vista caratteriale, scuotendo una squadra spesso nemica di sé stessa, piena di ansie e paure: inoltre, opinione personale, vittima di una preparazione atletica non del tutto all’altezza.
Dopodiché, caro Babbo Natale, vorrei, avere la possibilità di vedere in campo Correa, uno dei punti interrogativi più grandi e inspiegabili dei recenti, anche no, mercati nerazzurri. Parlo per me, il ragazzo mi piace: ha talento, è fisicamente importante, potrebbe deliziare la platea nerazzurra grazie alla sua imprevedibilità, a un tocco di palla non comune. Invece si è accartocciato su continui infortuni, uno dopo l’altro, alla stregua di coloro che, durante il servizio militare, alzavano sempre la mano quando, mattino presto, passava il piantone per le camerate gridando “chiedenti visita chiedenti rapporto”.
Capitolo allenatore. Mi do atto di una cosa, aver difeso Simone Inzaghi nel momento più buio della sua avventura nerazzurra, insieme alla squadra, sia chiaro: la non gestione del clamoroso vantaggio della passata stagione dove, comunque, due coppe – non coppette, coppe – le ha portate a casa. Avrebbe potuto, soprattutto dovuto, fare meglio, il potenziale c’era, eccome. Però, caro Babbo Natale, mi piacerebbe che il giovanotto piacentino fosse meno oltranzista, c’è solo il trecinquedue altrimenti non si gioca. Sarebbe un passo avanti enorme sulla strada da buono a ottimo tecnico, quale Simone è.
La Società. Semplice, la vorrei ricca, ricchissima, così potrei comprare chiunque e nessuno verrebbe a bussare alla mia porta parlando di financial fair play. Però non è così. Però, attualmente, ci sono da fare sacrifici e salti mortali. Eppure, nonostante tutto, continuiamo a essere lassù, a lottare per qualcosa: senza dimenticare la Champions, arrivare ai quarti sarebbe tanta roba. Poi, certo, le avversarie diventerebbero forse ingiocabili: ma, ne sono certo, anche alle cosiddette ingiocabili incontrarci non farebbe piacere.
Per finire sognerei un ultimo, piccolo regalo: un filo di culo in più. Alle volte nel calcio, non parliamo dei massimi sistemi della vita, ce n’è bisogno.
Auguri, a Voi e ai Vostri cari.
Buon Natale.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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