C'è chi manda sette titolari in vacanza e chi invece ha ancora un campionato da giocarsi. No, non è solo un mind game

Un titolo provocatorio, perché ci piace fare polemica.
D'altronde mentre Parigi si gode la quiete dopo la conquista della Ligue 1, Milano è in trincea.
Luis Enrique ha deciso che sette titolari del PSG - Donnarumma, Hakimi, Marquinhos, Nuno Mendes, Pacho, Fabián Ruiz e Vitinha - andranno in vacanza fino al 14 maggio. Una settimana di pausa completa, senza allenamenti, regalata dopo l'eliminazione dell'Arsenal e la qualificazione all'atto finale in Champions League con l'Inter. Il tutto, a poco più di due settimane dalla finale di Coppa di Francia e proprio dal giorno della verità a Monaco di Baviera.
L’obiettivo è semplice: rigenerare corpo e mente in vista dell’assalto alla storia. In casa PSG si pensa in grande e si lavora da grandi calcolatori. La stagione è stata fin qui impeccabile, e il calendario favorevole consente una pianificazione al millimetro, così Luis Enrique, da grande gestore qual è, ha scelto di proteggere i suoi titolarissimi dal logorio e da inutili rischi. Un lusso, quello del "riposo selettivo", che solo poche squadre in Europa possono permettersi. A patto - infatti - di avere una lunga coperta che garantisca di privarsi di così tanti punti di riferimento.
E all'Inter si gioca un’altra partita. Con tre giornate ancora da disputare e il Napoli avanti di tre punti, ogni match è una finale e la squadra di Simone Inzaghi arriva alla volata tricolore nuovamente con i problemi infortuni all'orizzonte. Contro il Torino, domenica, mancheranno ben tre pedine fondamentali: Lautaro Martinez (out per un lieve riacutizzarsi dell’elongazione ai flessori della coscia sinistra), Pavard alle prese con la distorsione alla caviglia sinistra e Mkhitaryan, ultimo ad aggiungersi perché affaticato dopo l’impresa europea contro il Barcellona. Mentre le condizioni di Frattesi, che si sta allenando a parte per un fastidio alla muscolatura dell’addome, sono incerte e la sua presenza all'Olimpico Grande Torino è fortemente in dubbio.
Inzaghi, più che un allenatore, si ritrova a fare l’equilibrista. Deve incrociare le dita e ancora una volta trovare risorse tra le seconde linee e toccare le corde giuste. Insomma, tenere alta la motivazione in un gruppo spremuto, stanco, ma decisamente affamato dopo aver trovato la seconda finale di Champions in tre anni. Anche se la rincorsa allo Scudetto è diventata una corsa ad ostacoli: ogni infortunio è una zavorra, ogni partita una montagna da scalare. E le ferie sono un lusso per pochi, vero PSG?
Altro che mind game... il confronto con il PSG è brutale. Da un lato, una rosa profondissima, già campione di Francia, che si concede di privarsi per una settimana di nomi imprescindibili per decomprimere prima di rimettersi a lavoro per le due finali. Dall’altro l'Inter, un gruppo che deve convivere con acciacchi, assenze e una pressione crescente, costretto ad arrangiarsi con ciò che si fa e a moltiplicare gli sforzi in ogni zona del campo.
Vien da sé che chi ha già vinto, può scegliere di fermarsi per ripartire meglio. Chi deve rimanere alle calcagna di qualcuno, non può permettersi nemmeno di rifiatare. La strategia di Luis Enrique è razionale e ambiziosa, ma per certi versi rischiosa: se gran parte dei titolari dovessero abbassare troppo la guardia e ritrovarsi senza ritmo, la Champions potrebbe trasformarsi in una trappola. Perché abbiamo visto tutti quanta volontà ci sia nell'Inter "anziana" di andarsi a prendere ciò che è sfuggito a Istanbul. Acerbi docet. Intanto Inzaghi non ha scelta: si va avanti con quello che resta, confidando nella forza e nell'unione del gruppo, nella tenuta mentale.
Due filosofie. Due situazioni opposte. Un solo traguardo: vincere. E alla fine, solo una tra riposo e resilienza avrà avuto ragione. Lo scopriremo solamente il 31 maggio.
Intanto l'Inter non ha solo la Champions League nei suoi pensieri - anche se stupisce sentirlo dire -, perché non sceglie ma si gioca tutto.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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