Sai Christian, quando ho visto il tuo corpo accasciarsi al suolo mi sono sentito non reggere. Ci vediamo in campo, Maestro

Sai Christian, quando ho visto il tuo corpo accasciarsi al suolo mi sono sentito non reggere. Ci vediamo in campo, MaestroTUTTOmercatoWEB.com
domenica 13 giugno 2021, 21:42Editoriale
di Gabriele Borzillo

Sai Christian, quando al minuto quarantatré di un comunissimo sabato pomeriggio tardo primaverile ho visto il tuo corpo accasciarsi innaturalmente sul prato verde del Parken Stadium di Copenaghen, nella tua casa, mi sono sentito le gambe improvvisamente non reggere. Incredulo, inebetito, con un groppo che chiudeva la gola, incapace di proferire parola, come in trance mentre passavano e ripassavano le immagini e l’audio era un semplice rumore di sottofondo, tanto non ci facevo nemmeno caso. Lunghi, lunghissimi, interminabili minuti durante i quali ho, abbiamo, ammirato il gruppo, il capitano della tua Nazionale Simon Kjaer, uomo con la U maiuscola, esatta chiarificazione di cosa e chi bisogna essere per portare la fascia al braccio, perché non è soltanto un pezzo di stoffa guadagnato più che altro con la lunga militanza e l’esperienza vera o presunta. Oltre alla lucidità dei tuoi compagni mentre ti facevano schermo davanti al resto del mondo dimostrando la vera accezione del senso di squadra, l’appartenenza, quello spogliatoio del quale tutti ci riempiamo la bocca spesso senza una ragione o conoscenza, semplicemente perché fa figo parlarne. Dello spogliatoio intendo. I tuoi compagni, che ti hanno stretto in un abbraccio dignitoso e rispettoso, chiudendo porte e varchi a obiettivi a volte troppo invasivi.

E sempre lui, sempre Kjaer insieme a Schmeichel, figlio di cotanto padre, ad andare verso Sabrina in lacrime a bordo campo, stringendola con un affetto tanto forte quanto sincero, l’affetto dei tuoi amici, l’abbraccio nel quale ti abbiamo stretto anche noi, davanti al televisore, con un senso di vuoto prevalente senza saper dare una benché minima spiegazione, un perché a ciò che stavamo vedendo, con l’ansia da scacciare il più in fretta possibile, tanto è solo un brutto sogno, poi passa.

Mentre seguivo come un automa gli accadimenti in ordine assolutamente temporale, senza staccare mai un attimo da quanto succedeva in diretta, ripensavo al tuo viso, sempre sorridente anche quando il campo lo calcavi tre minuti, anche quando sembrava che la tua avventura a Milano fosse giunta al capolinea senza mai decollare, a ben vedere cominciare beh, anche allora mai una parola fuori posto, mai una polemica creata ad arte, mai un’alzata di scudi, un’intemerata verso lo staff tecnico, una richiesta di cessione, un io sono un top nel mio ruolo. Mai. Professionista a trecentosessanta gradi.

Perché vedi Christian, non è nemmeno del tutto vero che il pallone è un mondo senza sentimento, senza cuore, costruito sul sogno del dio denaro e basta. Appena potrai ti faranno leggere i messaggi di tutti i tuoi, tantissimi, colleghi che hanno voluto manifestare il loro affetto. Ti faranno ascoltare e riascoltare il coro che ha accompagnato la tua uscita dal campo. La dedica dopo il gol alla Russia di un amico, Romelu Lukaku, ancora una volta leader sempre più affermato della tua squadra di club, per non parlare di Hakimi, forse prossimo partente forse no, che da lontano si è ricordato di te come tutto il resto dell’Inter, che gruppo è stato creato, incredibile, e di molti, moltissimi club di Serie A e B. L’impressione, Christian, non è stata quella del lo debbo fare per non restare indietro che poi se non twitto o scrivo faccio una brutta figura. No. Vedi, quando nel corso di una carriera, qualunque essa sia, in qualunque campo sei leale, onesto, sincero, schietto, poco importa se appartieni alla categoria dei, tra molte virgolette, nemici, nel tuo caso calcistici. Avrai sempre il loro rispetto. Loro e dei loro tifosi. Perché il calcio non dimentica, mai.

Ora l’importante è che tu possa tornare presto alla quotidianità della vita, in primis al ruolo di padre e di marito. Poi noi siamo sempre qua, caro Christian, perché la numero ventiquattro aspetta nel tuo armadietto, nel tuo spogliatoio, nel tuo club, nel tuo stadio. Io sono certo che ieri sera, quando dal luogo dove ora sei ricoverato, dalla tua Federazione calcistica, dalla stessa UEFA sono arrivati messaggi che rasserenavano e rassicuravano un pochino tutti, è cosciente, respira da solo, parla, abbiamo tirato un gran sospiro di sollievo, indipendentemente dal tifo o dall’appartenenza.

Ci vediamo in campo, Maestro.