Quattro cose sullo “sbilancio” dell’Inter
Buonasera e buongiorno.
(Sono nel bel mezzo di un matrimonio. Tra breve ci sarà il taglio della torta e, quindi, siamo in quella fase della celebrazione in cui difficilmente è possibile scrivere qualcosa di sensato. Non che in genere ci si riesca. Siate comprensivi).
L’Inter ha il bilancio in rosso. Lo avete letto. Duecento milioni. Anzi, duecentoquarantacinque. Un botto di soldi. Qualcuno ha trasformato questa cosa in una tragedia. E in qualche modo lo è. Ma è una tragedia di giugno. Ora siamo ad ottobre. E non è che nel frattempo il rosso sia diventato miracolosamente verde, ma qualcosa è successo. Marotta, Antonello, Ausilio e gli altri si sono dati da fare. Hanno lavorato. E bene. Hanno venduto e rimpiazzato. Hanno creato plusvalenze. Hanno portato nuovi sponsor. Ci permettono di ipotizzare per l’anno che verrà una riduzione del rosso dai famosi meno duecentoquarantacinque ai possibili meno novanta. E sono sempre un sacco di milioni col meno davanti, ma c’è una bella differenza.
Questi signori contemporaneamente stanno pensando a quel che va fatto a gennaio. Arriveranno rinforzi. Mica fenomeni da 50 milioni l’uno, per carità, ma un paio di pedine funzionali. E non è poco se pensate al mercato di gennaio di un anno fa. All’epoca non arrivò nessuno. E non fu nemmeno una brutta notizia, a dirla tutta.
E voi direte “e quindi?”.
Queste fregnacce servono a gettare un po’ di acqua sul fuoco. Anzi no, non sul fuoco, ma addosso a chi gode nel commentare i bilanci, senza comprenderli fino in fondo. O del tutto. Per la verità neppure il sottoscritto è laureato alla Bocconi, ma sa distinguere tra “tentativo di raccontare una situazione complicata” e “desiderio che quella situazione complicata si trasformi in tragedia”.
L’Inter vive una situazione complicata. Lo sa persino mia madre che se gli dici “fuorigioco” ti risponde “ok, però copriti”. Ma è vero anche che il lavoro imponente di luglio e agosto ha dato ossigeno al club. E tanto. Questo non significa che si possa andare avanti a questo modo. Un passaggio di proprietà nel medio periodo è auspicabile e necessario, pena il ritorno a situazioni poco accettabili del tipo “dobbiamo vendere quest’altro titolare”. Ma è altrettanto vero che attualmente non c’è l’angoscia di gennaio. Quella degli stipendi che non arrivavano. Quella dei fornitori che bussavano alla porta della sede.
E quindi calma, per cortesia.
L’Inter vive un momento complicato. Più complicato rispetto a quello della concorrenza, ma non così tanto “più complicato”. Ha perso 60 milioni di euro dal botteghino. Ha perso 50 milioni dagli sponsor per motivi del tipo “lo stadio è chiuso? Non possiamo fare eventi? E allora perché ti devo pagare?”. 14 milioni li ha persi per la liquidazione di Conte e del suo staff. Altri 15 per il “tanti saluti” a Joao Mario e Nainggolan. Ma in contemporanea ha trovato nuovi partner commerciali. Ha creato plusvalenze. Spera di poter riempire San Siro al 100% appena a monte concederanno la grazia (speriamo presto).
Tutto questo per dire che la situazione non è affatto bella, ma neanche apocalittica come da almeno un anno e mezzo racconta (si augura?) questo e quel nemico. Ci siamo capiti.
(Torno al banchetto. C’è il taglio della torta. Tra breve apre l’open bar. Viva Antonella, viva Luca, viva gli sposi, viva l’open bar, viva l’Inter).
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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