Prima di sperare nel futuro

Prima di sperare nel futuroTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 3 giugno 2021, 20:06Editoriale
di Lapo De Carlo

Le grandi manovre, evocazione di un vecchio film di Renè Clair del 1955 in cui, a dispetto del titolo non si parlava di guerra ma soprattutto d’amore, sono quelle che auspichiamo siano state poste in atto dalla dirigenza nerazzurra. Si sa poco di quello che pensa davvero Steven Zhang, ma si sa solo che Beppe Marotta sta provando a mantenere l’Inter competitiva con la forza delle idee e pochi soldi. E’ prematuro anche solo fare dei nomi, considerando che stiamo attendendo si compia questo straziante addio ad Hakimi, sacrificato per fare cassa ed ennesimo esterno di livello internazionale che vincerà tanto altrove e al pari di Cancelo e Roberto Carlos entrerà nella storia del prossimo club.
Fa molto periferia dell’impero e provoca un certo fastidio ma per poter spiegare la situazione bisogna guardare oltre al proprio naso. La situazione dell’Inter va contestualizzata in un’epoca in cui la Uefa ha contribuito a distruggere il calcio come lo conoscevamo a favore di un modello che ha aumentato la forbice tra un’élite e il resto d’Europa.
Proprio ieri Gravina, in qualità di presidente della FIGC ha dichiarato che "Purtroppo il calcio italiano non è più competitivo. Eravamo il campionato più bello del mondo, ora siamo la quarta forza d'Europa, e rischiamo di essere superati da altri campionati". Contemporaneamente Antonio Conte sta trattando con il Tottenham e questo ha suscitato delle ironie. Va invece ricordato che gli Spurs vengono da due stagioni difficili perché, dopo aver costruito uno stadio costato un miliardo, non hanno fatto campagna acquisti, poi il covid non gli ha permesso di avere pubblico e il debito enorme ha impedito di fare campagne acquisti sensate. La prospettiva per il Tottenham ora però comincia a cambiare e Conte ama fare la storia di un club, proprio come Mourinho.
Vale la pena di ricordare che il modello Premier League viene ipocritamente evocato da anni ma più se ne parla e più ci allontaniamo culturalmente e strutturalmente dallo straordinario livello che hanno creato con la nascita di un torneo rivoluzionato dal 1992.
Da quando il torneo inglese ha preso questo nome in tutto il mondo si conosce più la Premier che la Champions, considerando che le sue partite vengono trasmesse in orari e giorni più compatibili con le abitudini e i fusi orari nelle diverse parti del mondo, rispetto alla Champions che è “relegata” alle 20-45 (in Europa) del martedì e mercoledì.
Secondo il Deloitte Annual Review of Football Finance 2017, nella stagione 2015/16 il totale dei ricavi dei club di Premier League ha toccato la cifra record di 3.6 miliardi di sterline.
Nel 2018 le squadre di Serie A avevano conosciuto una crescita dei ricavi significativa per 2,2 miliardi di euro in tutte le componenti (vendita biglietti, diritti televisivi, sponsorship, altri ricavi commerciali) ma mantenendo un gap significativo tra sé e i campionati inglesi, tedeschi e spagnoli.
Quasi tutti i club italiani, dopo un lungo periodo di difficoltà, apparivano comunque in grado di raggiungere la sostenibilità finanziaria e l’anno seguente, il 2019, registrava un ulteriore crescita dei ricavi ma l’Inghilterra aveva generato 5,9 miliardi, la Liga, 3,4, la Bundesliga 3,3, mentre la Serie A 2,5.
Quello che è successo dopo lo sappiamo e ha messo in ginocchio tutti, ma serve ricordare che i nostri competitor riuscivano prima e riusciranno anche in futuro ad ottenere ricavi superiori ai nostri grazie ad un approccio migliore del nostro e se questo accade significa che i giocatori più forti passeranno per l’Italia ma restando relativamente poco, oppure per terminare la loro gloriosa carriera da noi.
Abbiamo presidenti che passano le giornate a litigare tra loro, a polemizzare evocando continue cospirazioni, ad avvelenare il pozzo pensando solo ed unicamente al proprio pubblico di riferimento, erodendo sempre più il terreno di collaborazione che se fosse davvero intrapreso permetterebbe alle squadre italiane di essere davvero competitive come accadeva fino a dieci, quindici anni fa.
L’Inter ha i suoi problemi ma è tutto il contesto che spettegola sui problemi a compartimenti stagni, senza affrontare mai seriamente una soluzione radicale che permetta di invertire la tendenza del nostro calcio che vive in modo barocco ricordando il passato. L’Inter è l’ultima squadra ad aver vinto in Europa (ed è anche l’ultima ad aver disputato una finale) e oltre a compiacercene varrebbe la pena capire una volta per tutte che le nostre squadre torneranno forti e ad essere attrattive per i campioni quando i presidenti e tutte le componenti lavoreranno davvero insieme per vendere molto meglio la serie A, a programmare e a collaborare seriamente.