Per far funzionare InterSpac prima deve funzionare l’Inter

Per far funzionare InterSpac prima deve funzionare l’Inter TUTTOmercatoWEB.com
sabato 26 giugno 2021, 08:34Editoriale
di Fabrizio Biasin

Partiamo dall’elenco dei 40, tipo appello a scuola:
Beppe Bergomi, Enrico Bertolino, Andrea Bocelli, Stefano Boeri, Paolo Bonolis, Alessandro Cattelan, Claudio Cecchetto, Valerio De Molli, Gianfelice Facchetti, Fabio Fognini, Massimo Galli, Peter Gomez, Tommaso Labate, Giancarlo Leone, Gad Lerner, Luciano Ligabue, Maurizio Mannoni, Enrico Mentana, Pietro Modiano, Michele Mozzati (Michele), Mario Nava, Roberto Nicastro, Enrico Pazzali, Max Pezzali, Mariangela Pira, Antonio Polito, Giacomo Poretti (Giacomo), Gianni Riotta, Enrico Ruggeri, Gabriele Salvatores, Sergio Scalpelli, Pietro Senaldi, Michele Serra, Beppe Severgnini, Giovanni Storti (Giovanni), Marco Tarquinio, Flavio Valeri, Roberto Vecchioni, Antonio Versace, Luigi Vignali (Gino).
Benissimo, questi signori (solo una signora! Curioso che non si sia ancora aperto un caso…) sono i padri fondatori di InterSpac, il progetto di azionariato popolare promosso da Sua Eminenza Carlo Cottarelli per provare a dare una mano all’Inter che noi tutti amiamo. 
Ieri è stato il giorno del lancione, quello in cui i promotori hanno chiesto a tutti i tifosi dell’Inter di esprimere il loro gradimento rispetto all’iniziativa e, in qualche modo, di rispondere alla domanda cruciale che in questa sede espliciteremo senza troppi fronzoli: siete disposti a cacciare del grano senza secondi fini e solo per amore dell’Inter?
Non sappiamo quale sia la risposta delle masse, ma ce la immaginiamo: “Sì”. E anche – più o meno – senza condizioni. E lo diciamo sulla fiducia, perché conosciamo il dna del tifoso nerazzurro, quello di chi sposa qualunque cosa possa far bene alla sua (Ben)amata. C’è da andare a vedere Inter-Cittadella in pieno agosto? Che problema c’è, ci si presenta e stop (18 agosto 2013, 20 mila spettatori). C’è da presenziare a San Siro anche in una stagione in cui tutto va storto? Nessun problema, saremo sempre i primi per biglietti staccati. C’è da sostenere una raccolta fondi per dare una mano ai famigliari di un “fratello nerazzurro” tristemente scomparso (ciao Gabriele Porri…)? Sotto con le offerte e fa niente se ci si conosceva solo tramite social. 
L’interista è così, si tuffa, e pazienza se poi la cosa non andrà in porto, alla peggio ci avremo provato e sempre con un unico obiettivo: il bene del club. 
Poi, ovvio, si spera che la cosa possa essere più di un semplice tentativo di fare una cosa mai vista in Italia. 
Il fatto che a monte ci sia un capoccione come Cottarelli fa ben sperare; i dubbi, semmai, derivano da tutta una serie di possibili imprevisti sulla via della sostenibilità.
Ecco, al momento il limite più grande del progetto InterSpac non è InterSpac ma… l’Inter.

E spieghiamo. L’attuale modello di business del club è in chiara difficoltà: brucia denaro in interessi e parliamo di milioni e milioni. Chiedere agli interisti di sostenere questo sistema rischia di essere controproducente. Mia zia e mia nonna, grandi interiste, daranno volentieri la loro quota, ma lo faranno nella speranza che quel grano serva per comprare – boh - un terzino promettente. Se invece i 500 o 1000 euro finiscono nel cestone delle offerte per pagare gli interessi su questo o quel prestito, allora il meccanismo rischia di incepparsi sul nascere (tradotto: ci si rompe subito le balle).
Morale, l’iniziativa ci piace (e ci piace pure il logo!), chi la sostiene e l’ha virtualmente “abbracciata” ha tanta credibilità, sicuramente la famiglia Zhang sarà disposta ad ascoltare le idee di chi l’ha lanciata, ma prima di tutto è necessario che l’Inter sistemi la sua “macchina”. Trattasi di passaggio imprescindibile. 
L’azionariato popolare può essere una bellissima “cosa in più” nel momento in cui una società riesce a camminare con le sue gambe (vedi Bayern Monaco), ma non può e non deve diventare “le gambe”.