Mourinho, Spalletti e la settimana santa dell’Effecì Internazionale
Non si dovrebbe mai iniziare un articolo con “non”, ma non si dovrebbe neppure giocare un derby di Champions e, invece, accade. Oddio, ho le palpitazioni. Una roba incontrollata, ma mi sa che potete capirmi. Penso a settimana prossima e mi viene l’ansia, il cuore accelera, penso a scenari apocalittici ma anche ad altri un filo più gloriosi. Mamma che ansia. Ecco, siccome l’ansia attira ansia e siccome quel che penso di questa Inter (sì, io ne penso bene) lo sapete già, questa settimana dissimulo e vi parlo rapidamente di due ex allenatori nerazzurri.
Uno è Mourinho Josè da Setubal, ovvero l’avversario odierno dell’Effecì.
L’altra sera è andata in scena l’ennesima mourinata. Cos’è la mourinata? Facilissimo: José da Setubal a un bel punto perde il lume della ragione, comincia ad attaccare chiunque (un allenatore, un arbitro, Lo Monaco di Tibet...), tutti si indignano perché “Ma siamo matti? Non si fanno le manette!”, “Ma siamo matti? Deve avere più rispetto!”, “Ma siamo matti? Io sto con (nome del nemico di turno)”. Tutte queste sbroccate casualmente prendono vita dopo una sconfitta, ché il Santo portoghese ben sa che alzare il polverone è un buon modo per distrarre le masse e portarle a spasso.
Questa cosa la scrive un iscritto da antica data alla Chiesa del maestro lusitano, l’uomo che, ancora oggi, continua a fare incazzare tutti e così facendo ottiene esattamente quello che vuole: “Spostare l’attenzione” (dal risultato della partita, dai veri problemi della Roma, da tutto).
Detto in poche parole: se pensate che realmente Mou ce l’abbia con l’arbitro Chiffi e quest’ultimo improvvisamente sia diventato il suo nemico per la pelle, ebbene, non conoscete Mou. Se realmente volete rispondere per le rime a José, ignoratelo. Ma tanto non ce la fate. Detto questo, José, da bravo, oggi non rompere la fava.
L’altro è Luciano Spalletti, tecnico tricolore.
Luciano Spalletti ha sempre fatto bella figura, professionalmente parlando. Andate a rivedervi il suo curriculum: non ha praticamente mai mancato l’obiettivo stagionale del suo club.
O quasi. Pensate all’anno scorso: De Laurentiis gli chiede di riportare il Napoli in Champions, lui raggiunge l’obiettivo dopo tre mesi di campionato. Questa cosa gli complica la vita perché “ora devi vincere lo scudetto!” e finisce che i suoi stessi tifosi gli rompono le balle pur in presenza di un sontuoso terzo posto. Qualcuno lo voleva persino cacciare, pensa te che follia.
Quest’anno riparte e le aspettative sono minime: “Un posto tra le prime quattro". Ci credono in pochi, forse solo De La, ché i senatori non ci sono più e i nuovi arrivati chi li conosce? Ebbene, don Luciano vince il campionato a Mondiale non ancora incominciato, che fenomeno. E stiamo parlando di un allenatore unico, ma anche di un uomo unico, con i suoi pregi e i suoi difetti, i suoi brontolii e le sue uscite spiazzanti.
Prendete l’altro giorno. Si presenta davanti alle telecamere a trionfo compiuto e dice così: “Quelli che sono abituati a lavorare sempre duramente come me non riescono a gioire totalmente nemmeno nelle vittorie. La felicità è una cosa fugace". Poi parte con le dediche: "Dedico lo scudetto alla squadra, a Napoli, ai miei collaboratori, alla società, alla mia famiglia… a mio fratello Marcello". E lo vedi che gli scende mezza lacrima, perché Marcello non c’è più. E allora ringrazia, saluta e se ne va.
Luciano Spalletti non si merita lo scudetto, si merita tutto.
(Ecco perché prima di pensare che un tecnico non sia “adatto all’Inter” è meglio pensarci 42323423423 volte).
Stringiamoci forte e buona settimana di passione, amici miei.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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