L'Inter double face. Inzaghi ha le sue colpe, ma guai a eccedere
E così, dopo aver buttato via l’intera posta nella sfida casalinga col Sassuolo, i nostri gettano al vento altri due punti col Bologna fuori dalla partita dopo un quarto d’ora, rientrato grazie a un nostro, non richiesto, regalo. Il rigore è corretto, non la storia che se l’arbitro vede dal campo il VAR non può intervenire. Perché la coppia Marini-Maresca è intervenuta, eccome. O, forse, non è molto chiara la regola, più che regola facciamo suggerimento. O, ancora, ciascuno interpreta il tutto un po’ come gli pare, a seconda dei giorni, degli orari, delle precipitazioni atmosferiche. Tralasciando il rigore che per me c’è, eccome se c’è, sciocco quanto volete, banale assai, inspiegabile ma c’è, lo ripeto e lo ribadisco, da quel momento i rossoblù felsinei si impegnano alla ricerca di nuove opzioni per trovare il gol, usando la testa prima dei nervi. L’Inter arrembante si appanna alla distanza, il Bologna prende campo, acquisisce sicurezze che si erano perse nel nulla cosmico dei quindici minuti iniziali, reagisce e gioca a calcio, mentre i nerazzurri si limitano al compitino, sprecando un paio di occasioni nitide - anche quest’anno, a volte, si gioca a chi sbaglia la più facile, speriamo il gioco finisca presto - senza però dare mai l’impressione di spingere a fondo sull’acceleratore, a guisa di una formula uno nella corsia mediana dell’autostrada.
Il martedì sera si sente nelle gambe e, perché no, anche nella mente. L’Inter non entra in campo con la sicumera sbandierata colpevolmente in un paio di altre circostanze, ma le energie fisiche e nervose utilizzate tre giorni fa non si recuperano schioccando le dita. Soprattutto quando un calendario insensato propone partite di 72 ore in 72 ore, senza soluzione di continuità. La dimostrazione di quanto affermato poco sopra sta nell’impeto nerazzurro al fischio di un rivedibile Guida, troppo attento a spezzettare il gioco già di per sé poco fluido per gran parte del secondo tempo con fischi a volte poco comprensibili e decisioni non troppo lineari: il fischietto di Torre Annunziata non brilla ma, contemporaneamente, non incide certo sul due a due finale. Sul due a due incidono altri fattori: la bambola difensiva che non ti aspetti mai e poi mai dal trio Bastoni-Acerbi-Pavard. La scarsa duttilità di Calha nella gestione del pallone, elemento sul quale Hakan, pur fortissimo e che non cambierei con nessun altro, deve ancora lavorare, L’ingresso di Sanchez, altamente insufficiente la prestazione del cileno che non vede mai la porta muovendosi come una scheggia impazzita senza costruire nulla di importante, anzi.
Capitolo finale, Simone Inzaghi. Ogni volta che l’Inter stecca così, dal nulla, appaiono i detrattori del giovanotto di Piacenza. Che ha le sue colpe, che forse continua a fossilizzarsi su uno spartito non cambiando mai musica, anche quando le circostanze lo richiederebbero. Del resto qualunque allenatore, anche il Guardiola di turno che perde due partite in sette giorni, a volte sbaglia. Quindi calma e supportare allenatore e squadra. Una tiratina d’orecchie fa bene, troppo lo trovo fuori luogo, fuori tempo, fuori senso.
Si è pareggiata una battaglia: la strada che porta al 26 maggio 2024 è lunghissima, iniziare a lanciare strali e anatemi all’ottava giornata mi sembra un filo precipitoso.
Alla prossima, avanti l’Effecì.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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