Avrei voluto mandare via Inzaghi, oggi ringrazio sia sulla nostra panchina. Col Frosinone partita fastidiosa

Solita partita fastidiosa stasera, dove chi è di scena al Meazza non ha niente da perdere, gioca serenamente dall’alto di una classifica ottimale, sta bene fisicamente e scende in campo al grido di vada come vada sarà un successo. L’Inter, nel frattempo, è cresciuta di molto. La famosa consapevolezza di cui tanto si parlava a inizio stagione e che sembrava smarrita dopo Sassuolo e Bologna si era solo presa un breve periodo di riflessione: oggi i ragazzi di Simone Inzaghi sembrano essere consci di ciò che fanno e, soprattutto, di come lo fanno.
Non deve trarre in inganno il gollettino di differenza che accomuna il trittico di impegni alle spalle, Roma, Atalanta e Salisburgo: risultati bugiardi, dettati da amnesie offensive nostre, inspiegabili silenzi dei varisti, paratissime di novelli Lev Yashin per una notte. Perché, parliamoci chiaro, con la Roma il divario è stato enorme, con l’Atalanta il gol di Scamacca viziato da una non chiamata e del direttore di gara e di chi stava in saletta davanti a millemila schermi, col Salisburgo abbiamo rischiato di prendere gol una volta in novanta minuti contro, vado a memoria, perlomeno quattro/cinque nitide occasioni da rete - per nitide intendo nitide, non roba farlocca - soprattutto sprecate da nostra imprecisione, di tanto in tanto ricadiamo nell’incomprensibile capacità di gettare al vento gol non facili, molto facili. Però chissenefrega, sono particolari di cui poco mi interessa allo stato attuale delle cose.
Simone Inzaghi, sempre grazie per essere seduto sulla nostra panchina - confesso fustigandomi con un gatto a nove code che lo scorso febbraio avrei voluto mandarlo via a fine stagione, sempre a fine stagione perché i cambi in corsa sono indice di debolezza societaria dal mio personalissimo punto di vista, a meno di rivolte interne come fu, ad esempio, nel caso di Benitez e qualcun altro - sembrerebbe intenzionato a schierare quella che nella sua testa, secondo me, è la titolarissima, consci che in questa Inter la parola rincalzi non esiste. Un dubbio, Acerbi: non fosse prontissimo spazio a Stefan de Vrij, tornato a ricoprire il ruolo di muro per cui era stato acquistato, a parametro zero. Parametro zero come Calha, parametro zero come Marcus, sempre per la serie dirigenza poco fattiva e disattenta.
Non mi aspetto una passeggiata di salute: lo scrivevo poco sopra, lo riscrivo anche qui sotto, il Frosinone ha zero da perdere e un mondo da guadagnare. Perciò dovremo essere bravi, attenti, giudiziosi. Senza spingere come forsennati, dosando energie e recuperi. Lo ha detto Bastoni, lo ha ribadito il capitano: si gioca novanta minuti, anche di più, non sta scritto da nessuna parte che bisogna, per forza, segnare dopo un quarto d’ora. Perché il gol dopo un quarto d’ora conta esattamente come quello fatto a cinque minuti dalla fine. Ecco, Roma, Bergamo e Salisburgo hanno consegnato una certezza e una consapevolezza anche a noi, semplici tifosi: l’Inter non molla una virgola, concentrata fin quando non sente il triplice fischio di chiusura. Maturità e coscienza di sé stessi, del proprio potenziale. Il grande lavoro del demone Simone sta anche in questi particolari, che tanto particolari non sono.
Forza Benji, ti si vuole un gran bene e ti si aspetta prestissimo in campo.
Alla prossima, avanti l’Effecì.

Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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