A Conte serve chiarezza. Ma prima l'ultimo sforzo: col Verona una tappa alpina

A Conte serve chiarezza. Ma prima l'ultimo sforzo: col Verona una tappa alpina
domenica 25 aprile 2021, 12:57Editoriale
di Gabriele Borzillo

Abbiamo passato una settimana sulle montagne russe, abbiamo vagheggiato di mega partite ogni sette giorni e ci ritroviamo, ancora una volta, per fortuna o no dipende da come la si pensa, nel nostro orticello aspettando oggi pomeriggio, ore 15: c’è da conquistare qualcosa di importante e, per farlo, bisogna battere il Verona. Non il Manchester City del moralista Guardiola o il Liverpool di Klopp - altro fautore del calcio della gente poi lasciamo stare gli emolumenti percepiti ma questo è un altro discorso, demagogia e populismo regnano sovrani nel mondo del pallone -, il Barcellona o il Real del nuovo nemico UEFA, Florentino Perez, le cui intemerate sarebbero da censurare, io guardo le partite anche nei gironi di una Champions appiattita su quattro o cinque squadre, effetto orribile del Financial Fair Play ma non ditelo a Ceferin, bastone e mazza di ferro con l’Inter, la Roma, anche il Milan se vogliamo e silenzio su acquisti milionari chenonsicapiscebene ma tranquillo, capisci a me, basta e avanza. Per non parlare dell’auto (e lauto) aumento di stipendio, verrebbe quasi da sorridere ma viva il calcio della gente. A questa telenovela della durata di nemmeno quarantotto ore si è sommata l’uscita di Antonio Conte che, lo dico subito a scanso di equivoci, approvo al mille per cento: basta chiacchiere, necessita chiarezza e di programmi futuri e di presenza societaria. Un altro anno con Beppe Marotta a parare colpi da destra e manca e col tecnico leccese a cercare di isolare la squadra, peraltro operazione finora gestita in piena sicurezza e portata avanti con capacità fuori dal normale - uno dei motivi per i quali Antonio (la chiamo per nome, mi scusi sa…) guadagna parecchio e altri molto meno - non è minimamente concepibile. Approssimazione è un termine da cancellare dal vocabolario dell’Inter che sarà. Ma questi sono discorsi del poi, di un futuro non molto lontano, però sempre futuro. E i tifosi, giustamente, non hanno voglia di ascoltare o leggere di soldi, fallimenti, pagamenti, tribunali, se vi viene in mente qualcosa aggiungetelo. Vogliono godere il momento, magico, assaporare fino all’ultimo l’ebrezza di qualcosa che la squadra sta rincorrendo contro tutto e tutti, ossessivamente nell’occhio del ciclone da mesi ormai. E, se alla fine dovesse essere quella parola lì che non mi viene bene formulare, invece la formulo, scudetto, personalmente non appartengo alla schiera del un miracolo visto la rosa mediocre. Ma mediocre cosa? Provate a snocciolare i nomi degli undici titolari, adesso undici titolari finalmente ci sono dopo anni di rotazioni ma questo è calcio, mica basket o hockey (adoro l’hockey come moltissimi milanesi), e vi accorgerete che tanto incapaci non è che siano. Casomai il vero successo starebbe nel come questi ragazzi e il loro allenatore se ne sono, si può dire?, sbattuti (che fottuti non è poetico) di tutto quanto girava intorno al mondo nerazzurro.

Verona non è una passeggiata, non esistono passeggiate nel pallone di oggi: è una tappa, alpina, nel lungo corso del campionato. E non tragga in inganno il cammino balbettante dell’ultimo Verona: gli scaligeri sono quadrati, hanno il solito nulla da perdere, giocano per sé stessi e per il piacere di mostrarsi agli occhi del grande pubblico e degli osservatori, hanno in panchina un tizio di gran carattere, concreto, niente arie da professorino ma grinta e cattiveria agonistica, per me una volta terminato il processo di apprendistato papabile di panchina nerazzurra, possiede quello sguardo duro e convinto che si sposa piacevolmente coi colori del cielo e della notte.

Non è facile, non sarà facile e non importa chi scenderà in campo: Sanchez o Lautaro, Young o Perisic, Darmian o Hakimi, cambia poco. Tutti, fino a oggi, hanno dato il loro contributo: c’è un ultimo sforzo da fare, il più tosto. Echepalle, e facciamolo.