Inter, scontri diretti e illusioni ottiche: quando il risultato inganna tutti

Inter, scontri diretti e illusioni ottiche: quando il risultato inganna tuttiTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:00Editoriale
di Marta Bonfiglio

Nel calcio esistono diversi fenomeni curiosi. Uno di questi è che spesso non è il campo a dettare il racconto, ma è quest'ultimo a forzare la lettura del campo. Di questi tempi ci sono titoli che si ripetono, frasi che diventano slogan, percezioni che si moltiplicano fino a trasformarsi in verità accettate senza più bisogno di verifica. Ed è esattamente ciò che sta accadendo all'Inter di Chivu da inizio stagione. Da quando è cominciato l'anno nuovo calcistico, a ogni sconfitta di cartello, i titoli che rimbalzano sono identici: "L’Inter ha un problema negli scontri diretti". Una formula comoda, immediata, che fa rumore e costruisce una narrazione semplice. Peccato che, osservando davvero le partite, di semplice non ci sia proprio nulla e soprattutto, non c’è traccia del "problema" che si vuole denunciare. 

Sì, i nerazzurri hanno perso con Napoli, Juventus, Milan, Atletico Madrid e Liverpool. Hanno perso tre punti sacrosanti anche con l'Udinese a San Siro, però quella partita secondo la narrazione è solo uno scivolone di inizio stagione. Messe in fila così, parlando di big, sembra quasi una prova a carico. Ma l’elenco dei risultati, da solo, racconta meno della metà della storia. Perché il campo ha detto altro. Ha detto di un'Inter che non è mai stata dominata, che anzi ha quasi sempre comandato il gioco; che ha imposto ritmo, idee e struttura a partite di altissimo livello; che ha pagato episodi, dettagli, qualche ingenuità, ma mai una reale inferiorità tecnica o tattica.

La distorsione nasce proprio qui. Cercare di scambiare le conseguenze per le cause, il punteggio finale per la qualità della partita. E così il titolo si ripete, si replica, si autoalimenta. Una sorta di eco editoriale che finisce per costruire una percezione non solo ingiusta, ma lontanissima da ciò che si vede sul campo.

Prendiamo la partita con il Napoli. Qui la narrativa sulla difficoltà negli scontri diretti si è arricchita di un altro capitolo, come se il 3-1 finale raccontasse di una squadra messa sotto, sovrastata, incapace di reggere l’urto. La realtà è diversa: l'Inter aveva iniziato benissimo, con il controllo del gioco, distanze perfette e personalità nella gestione del possesso. A indirizzare la gara non è stata una supremazia degli azzurri, ma un episodio e cioè il rigore, inesistente, concesso al Napoli. Un episodio che ha cambiato l’inerzia della partita. Fino a quel momento la gara la faceva l’Inter, senza alcuna sensazione di sofferenza. Dopo il rigore, la squadra si è sciolta, ha perso compattezza e lucidità, e nel secondo tempo il Napoli ha preso il sopravvento. Ma attribuire quella sconfitta a un presunto "problema strutturale negli scontri diretti" significa ignorare completamente cosa fosse successo prima e durante.

Lo stesso vale per ciò che è accaduto nel derby. La narrazione ha cavalcato l'idea del "crollo Inter". Eppure la partita ha detto altro. I nerazzurri hanno costruito, pressato, hanno gestito il pallone con autorità. Il Milan ha saputo sfruttare meglio gli episodi - un contropiede, un dettaglio in area di rigore gestito male da Sommer - ma parlare di dominio rossonero o di inferiorità nerazzurra è del tutto fuori focus.

Spettacolare, poi, la capacità di trasformare la sfida contro l'Atletico Madrid in una sorta di prova definitiva fallita, visto che la sconfitta è arrivata subito dopo quella con il Milan. La gara del Metropolitano, a livello di struttura, è stata giocata con grande maturità. Ritmi controllati, nerazzurri in gestione per lunghi tratti. E un episodio fatale al 93'. Poi se si vuole parlare anche del primo gol dei colchoneros...

E poi, fresco, il Liverpool. Paradossalmente, è proprio questa la partita che più si avvicina al concetto di equilibrio puro. Non ci sono stati grandi strappi, né domini alternati. E' stata una gara che avrebbe potuto tranquillamente concludersi 0-0 senza che nessuno protestasse. L’Inter è stata compatta, attenta, matura, e ha concesso pochissimo. Il Liverpool è stato chirurgico quando serviva. E quando è servito? Quando si è deciso di regalare un rigore. 

Allora viene spontaneo chiedersi: dov'è davvero questo famoso problema negli scontri diretti? Nei risultati, certo. Ma il risultato non sempre è uno specchio fedele della prestazione. E soprattutto non è una diagnosi. Se c'è una criticità, riguarda la gestione dei momenti chiave, la lucidità nei minuti che precedono e seguono l’episodio decisivo, la cattiveria sotto porta, la capacità di capitalizzare quando la partita ti dà l’opportunità. È un tema di dettagli, di maturazione, non di inadeguatezza. Ma questo non fa titolo, non riempie discussioni televisive.

Il campo ha raccontato una storia molto più semplice e molto più onesta. L'Inter con le grandi non soffre, semmai è stata punita oltre misura dai singoli episodi. Una squadra che domina a larghi tratti, che costruisce gioco, che tiene il pallino più di ogni avversaria, italiana o europea. Non esiste alcun crollo nei big match, semmai c'è una narrativa pigra che si ostina a leggerli solo attraverso il risultato finale.

E così il titolo torna, stagione dopo stagione, quasi in automatico: "L’Inter ha un problema negli scontri diretti". Un titolo che fa rumore, certo. Ma il rumore, spesso, copre ciò che conta davvero. Una squadra che non scappa mai dalla partita, che non viene mai schiacciata, che paga più i centimetri che i chilometri. E che, una volta che quei centimetri gireranno dalla sua parte, smonterà con i fatti ciò che oggi viene costruito con le parole