A che punto è l’Inter, la partita con l’Atalanta, quello che deve ancora succedere sul mercato, le occasioni mancate Dybala e Chiesa
Contro il Lecce l’Inter ha confermato tutto il buono che s’era già visto contro il Genoa, che era già assai considerato l’essere a metà agosto e il tipo di avversario. Chi la settimana scorsa metteva sullo stesso piano i pareggi dei nerazzurri e del Milan, o addirittura davanti quello dei rossoneri per spirito di squadra, semplicemente capisce molto poco di calcio. Non c’è molto da aggiungere in merito.
E in più l’Inter ha aggiunto in termini di autonomia e intensità, al punto che è sembrata quella di sabato già la classica partita inzaghiana vista quasi ogni domenica l’anno scorso. Cioè dove l’Inter vince piegando inesorabilmente l’avversario, buttandolo giù a forza di cannonate. Sicuramente non siamo ancora allo stesso livello sul piano della spietatezza, ma del resto il creare tanto e concretizzare meno è il vizio sempre dietro l’angolo da cui l’Inter deve guardarsi. La debolezza soprattutto di piacersi troppo, ma più che per superbia piuttosto per il difetto di cercare sempre la giocata perfetta, il che per esempio contro il Lecce ha portato spesso al passaggio di troppo, alla ricerca della rifinitura estrema, regalando ai salentini la possibilità di sistemarsi meglio in difesa grazie a un paio di secondi in più a giocata. Quando invece spesso sarebbe meglio favorire la velocità di esecuzione piuttosto che la perfezione proprio per sfruttare l’effetto sorpresa sugli avversari ancora non ben piazzati.
Ma per il resto si è già visto per esempio nel Primo Tempo una gran varietà di gioco sulle fasce - poi inspiegabilmente meno cercate nella ripresa - e considerato il debutto assoluto beh molto bene già l’intesa Taremi-Thuram. Si cercano nel breve, si trovano, si sentono, creano tra loro e per gli altri. L’autonomia dell’iraniano non arriva ai 60 minuti visto l’infortunio ad agosto. Lui ovviamente è stato impietoso nell’analizzare la sua prestazione, ma in verità è stato molto positivo e con ampi margini di crescita.
L’Atalanta già venerdì è una prova notevole: ferita dalla sconfitta a Torino, la butterà sul gioco ma nella versione meno spregiudicata dell’ultimo Gasperini. E all’Inter converrà essere speculare a questo: fedele sì alla propria filosofia, ma con giudizio, perché ovviamente la preparazione atletica può sostenere i ritmi di gioco dell’Inter solo fino a un certo punto in questo momento, e dunque bisogna forse abbassare un poco il baricentro rispetto alla posizione naturale, per evitare di fare sorprendere.
Vedremo se ce la farà Lautaro, mentre invece non c’è proprio nulla da vedere sul mercato. L’Inter ha fatto quello che doveva fare, o meglio quello che Oaktree ha deciso fosse possibile. Rubinetti chiusi, lo stesso Palacios arriva perché Satriano è andato al Lens per gli stessi soldi, altrimenti non sarebbe stato possibile. La fortuna è che Ausilio e Marotta siano riusciti a chiudere Zielinski e Taremi già a marzo, perché la nuova proprietà non avrebbe mai dato il placet a parametri zero così avanti nell’età.
La policy è cambiata, e questo metterà molto in difficoltà la dirigenza nei mercati futuri, con il grosso rischio del rendimento in stagione dell’Inter, nonché dei futuri rinnovi dei tanti in scadenza.
E rimarrà il rimpianto, perché con la politica in vigore fino ad aprile, vi posso assicurare che almeno uno - almeno - tra Dybala e Chiesa sarebbe stato in questo momento in nerazzurro, con Dybala estremamente favorito. E ribadisco, estremamente.
Si vede che non era proprio destino.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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