Thuram a DAZN: "Dovevo venire all'Inter due anni fa, quella sensazione mi era rimasta addosso"

Marcus Thuram si racconta ai microfoni di DAZN, durante il format DAZN Heroes, e torna sulla trattativa per il suo arrivo all'Inter: "“Lo scorso giugno ho scelto l’Inter per una sensazione che avevo dentro. Due anni prima dovevo venire qua e mi ero infortunato. Mi ha fatto malissimo perché mi ero già immaginato di vestire la maglia dell’Inter e di giocare a San Siro. Due anni dopo quella sensazione mi era rimasta e volevo venire qua (ecco perché ha detto no al Milan, ndr). Il primo che mi ha scritto quando sono arrivato è stato Dimarco. Mi ha dato il benvenuto e mi ha detto che mi aspettava da due anni”.
L'attaccante è stato decisivo nel derby, che ricorda così: "Quando chiudo gli occhi e penso al derby, mi viene in mente il momento in cui entriamo sul campo e ci sono le due coreografie. È stato speciale. Il gol? Mi ricordo che è nato da una ripartenza: Lautaro manda Dumfries in profondità, io recupero palla, vedo che Thiaw non mi attacca subito, vuol dire che ho il tempo di girarmi, lo punto e sono uno contro uno con lui. Ho il tempo di tirare, entro, tiro, faccio gol”.
Si passa poi al modo di essere attaccante di Tikus, punta atipica che nasce esterno offensivo: "Lo scorso anno è stato il primo in cui ho fatto il 9 per tutta la stagione. Ausilio mi aveva immaginato come centravanti già nel 2021: vuol dire che mi conosce molto bene come giocatore e questo mi ha aiutato a fare la scelta. Penso che il mio percorso, l’aver giocato nella stagioni precedenti in altre posizioni, mi abbia aiutato a diventare il 9 che sono oggi. Non sono una prima punta 'classica', che rimane ferma: mi piace muovermi, giocare con i compagni, dribblare, fare assist e gol. Aver giocato sull’ala in passato (nel 4-2-3-1, ndr) mi permette adesso di fare cose così”.
In chiusura, una riflessione sul rapporto con papà Lilian: "Verso i 10-11 anni ho iniziato a capire chi fosse mio padre. Quando vedo lui non penso a cosa ha fatto sul campo, per me è mio papà e basta. Riguardo sempre le partite dell'Inter con mio papà, lui commenta e mi piace molto perché mi fa imparare velocemente. È molto molto severo, ma è meglio così. Ogni volta che esco da una partita in cui ho segnato, ad esempio, se vede che sono contento e sorrido lui mi dice: 'Calmati, vieni in macchina che ti spiego due cose'...".
Infine, un curioso aneddoto riguardante Lionel Messi: "Un giorno quando avevo 10 anni andai a vedere l’allenamento di mio padre che giocava nel Barcellona, ma non avevo con me le mie scarpe da calcio. Messi era giovane, aveva 19-20 anni. Dopo l'allenamento volevo andare sul campo insieme agli altri bambini, ma senza scarpe non potevo... Messi era quello che, come numero, indossava le scarpe più 'vicine' alle mie: io avevo 38, lui il 40-41. Allora mi dette le sue, io ci giocai e dopo mi disse: 'Prendile, puoi portarle a casa'. Avendo 10 anni, non mi ero reso bene conto di quello che era successo: sapevo che lui era un giocatore del Barcellona, ma non capivo ancora bene quanto grande fosse. Il giorno dopo così andai a calcio e regalai le scarpe di Messi a un mio amico senza pensarci troppo. Tutti i giorni mi pento di quella scelta (ride, ndr)".
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