Dotto senza mezzi termini: "Acerbi conosce le lezioni della vita: è stato pessimo"

Sul fondo per La Gazzetta dello Sport Giancarlo Dotto analizza la questione Acerbi-Juan Jesus partendo dagli errori commessi dal difensore partenopeo: "Tra domenica sera e ieri Jesus ha sbagliato tre volte. La prima quando s’è limitato a confessare all’arbitro il fattaccio, la seconda, quando per stravincere da Re Magnanimo, ha preteso di assolvere l’eventuale peccatore dopo averlo denunciato, alias nascondere lo sporco sotto il tappeto, nel nome della vecchia regola mafiosetta «sono cose di campo». La terza ieri sera quando ha raccontato nei social, evidentemente stizzito dalle reiterate negazioni di Acerbi, quello che avrebbe dovuto dire la sera prima davanti alle telecamere".
Dotto non è concorde col fatto di discolpare il difensore interista, reo di aver scelto in modo intenzionale l'insulto razzista nei confronti del collega: "«Ci siamo parlati a fine partita. Tutto risolto. Acerbi è un bravo ragazzo». No, Acerbi, se davvero ha detto quelle cose, è stato in quei cinque secondi un pessimo ragazzo. Nessuno contesta il fatto che gli umani s’insultino volentieri appena possono, nei campi e nelle redazioni, nei condomini e in fila alle Poste. Il punto è quando l’insulto è feccia - si legge -. Se sei un adulto e hai il controllo delle tue parole, se hai una minima percezione del contesto, devi sapere che dare del “negro” o dare del “frocio” in modalità sprezzante è feccia. Fa di te un razzista e un omofobo. Non importa se pensi quello che dici, quello che dici è quello che pensi. Tu diventi razzista nell’esatto istante in cui ti esprimi da razzista. Non hai bisogno di un pensiero. L’essere un razzista acefalo non ti assolve. Anzi, è un’aggravante. Acerbi conosce le lezioni della vita. Ha superato con animo un cancro, ringrazia ogni volta qualcuno lassù a inizio partita. La malattia, lo dice lui stesso, lo ha reso un uomo migliore. Dovrebbe sapere (i social ferocemente insegnano) che anche la parola può essere un cancro. Può divorare intere esistenze".
Cosa avrebbe dovuto fare quindi Juan Jesus? "Avrebbe dovuto raccontare la sua verità a caldo, lasciando voce alla sua ferita. Avrebbe fatto la cosa giusta per sé, per gli altri e per lo stesso Acerbi. Consentirgli di smentire pubblicamente o, nel caso di ammissione, aiutarlo a uscire nel modo più dignitoso. Che non sono le scuse. Le scuse sono parte della feccia. Non servono. Troppo facile. Come non servono (sì, okay, meglio di niente, ma sono niente) le tante mascherate per nettarsi l’anima, verniciarsi la faccia, recitare formulette, appendersi scritte, distintivi e belle parole. Serviva che Juan dicesse: «Acerbi mi ha dato del “negro”» e serviva che Acerbi negasse o che, in alternativa, chiedesse perdono o, in un mondo ideale, aggiungesse fieramente senza lacrime superflue: «Niente scuse. Sono stato un uomo pessimo. Ringrazio Jesus per aver reso pubblica questa cosa»".
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
Direttore Responsabile: Lapo De Carlo
Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione n. 18246
© 2025 linterista.it - Tutti i diritti riservati