Ripartiamo. Dal secondo tempo di Verona, e dalla consapevolezza di essere tra le più forti
Ripartiamo. Da Verona. Anzi, per essere precisi dal secondo tempo di Verona, che il primo meglio metterlo nel dimenticatoio o, anzi, guardarlo e riguardarlo per rendersi conto degli errori, farciti da qualche orrore, ed evitare di ripeterli, cercando di avere cura delle coronarie della tifoseria nerazzurra.
Ripartiamo. Da molte incertezze, regalateci dall’inutilità di una sosta settembrina per le esigenze delle Nazionali che ci portiamo dietro da anni ma, per FIFA e UEFA, i problemi stanno nel Financial Fair Play, la Superlega fastidia solo Ceferin mentre Infantino non mi pare così ostile al progetto, impressione del tutto personale ovviamente. Il non problema delle Nazionali ci ha portato via (lo ha fatto con molte squadre, evito di fare la vittima sacrificale ma poiché scriviamo di Inter mi soffermo sui miei colori) titolari importanti grazie al triplo turno sudamericano, anche se raccontano sempre i bene informati di una probabile staffetta Lautaro-Correa, so’ giovani, so’ ragazzi, quarantacinque minuti a testa li reggono nonostante il volo transoceanico e il jet lag, oltre a tutta la squadra titolare e qualche riserva virtuale in giro per l’Europa. Vedremo se le maggiori organizzazioni calcistiche faranno qualcosa per ovviare alla comica di interruzioni, soste, voli, spostamenti, partitesupartite o continueranno a non interessarsene, tanto gli ingaggi li pagano i club e gli infortuni chissenefrega, fanno parte del gioco.
Ripartiamo. Dalla consapevolezza di essere non so se la squadra più forte, vorrei spingermi a dirlo ma ci sono troppe novità e troppe variabili, comunque sia, di certo, tra le candidate alla vittoria finale, a cucirsi quella seconda stella sul petto che avrebbe un valore non doppio, casomai triplo o quadruplo visto da dove siamo partiti e cosa si raccontava un paio di mesi fa, che la memoria a breve termine ancora funziona: magari perdo qualcosa sulla lunga, ma finché parliamo di un trimestre ci arrivo.
Ripartiamo. Da Dzeko vertice alto della squadra, uomo adatto a ogni circostanza, capace come pochi altri – e non solo in Italia – di tenere il pallone, aprire spazi per i compagni, fornire l’assist o, visto che non lo disdegna affatto, concludere direttamente. Non mi importa l’età, non mi interessano le trentacinque primavere: quando uno respira calcio, mastica calcio, conosce il calcio come lui non esiste età. Ovvio, non possiamo pretendere le cinquanta partite l’anno senza respiro, ci sarà il tempo per farlo riposare in panca ma, in questo momento, pensare a un’Inter senza il ragazzo bosniaco è fantasia, nient’altro.
Ripartiamo. Forse dallo stesso undici così perfetto nella prima giornata, opposto all’altra formazione di Genova, i rossoblù di Ballardini, da sbalordire e i tifosi e gli stessi addetti ai lavori. Squadra forte, compatta, sicura della propria consistenza: esatto, l’opposto di quel primo tempo disgraziato di Verona. Qualcuno si chiederà quale Inter vedremo stavolta, considerata anche la forza dell’avversaria di turno, a mio parere più completa delle due incontrate finora. Certezze, chiaro, non ne possiamo avere. La mia idea è che più si alza l’asticella della difficoltà, più i nostri eroi troveranno energie e capacità nascoste: il biennio contiano, sebbene si sia chiuso in maniera traumatica, ha lasciato nelle gambe e nel cervello dei nerazzurri consapevolezze sconosciute. Simone Inzaghi, entrato intelligentemente nello spogliatoio interista, ha il compito non facile di proseguire sulla strada intrapresa dal suo predecessore. Ma è sveglio, calcisticamente colto, abile e preparato.
Ripartiamo. Punto.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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