Le provocazioni di Conte e la mentalità non ancora vincente dell’Inter

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Oggi alle 08:44Editoriale
di Lapo De Carlo

Quello che è successo a Napoli non è ascrivibile alla sola partita ma ci sono cose che il club deve valutare bene se ha l’ambizione di sollevare almeno un trofeo questa stagione.
Dico “se” perché la prima direttiva di Oaktree/Brookfield non è il successo ma naturalmente la stabilità economica. La dirigenza invece pensa soprattutto al risultato. La sconfitta di Napoli ha delle ragioni che, ho scritto in passato e tornerò a rammentarlo, nascono da meccanismi inestirpabili nella stagione corrente e altri riparabili con un lungo lavoro sulla testa dei giocatori.

Andiamo per ordine:
Il rigore fasullo
Si, tutti possono sbagliare ed è un assunto da tenere bene a mente, ma l’Inter ha subito un torto che va oltre l’errore e sconfina in qualcosa di difficilmente spiegabile. Non è una semplice svista ma una valutazione arrivata con un meccanismo ambiguo.
Un assistente, Bindoni, in modo del tutto improprio ha preso l’iniziativa di richiamare l’arbitro per un fallo che lui stesso non aveva ravvisato e, da una posizione che non gli permetteva di avere più certezze del giudice di gara, lo ha invitato a rivedere le sue posizioni. Il Var ha poi incredibilmente avallato la decisione.
Hanno sbagliato clamorosamente tutti e pagheranno con una sospensione che interessa poco. La punizione certifica l’irritazione dell’AIA ma non chiarisce perché l’errore senza precedenti nella dinamica, sia stato fatto non da uno ma da tre componenti, in tre momenti diversi.
E’ naturale pretendere chiarezza, perché il diritto di sbagliare è legittimo. Dall’altra si chiede ai tifosi di non dubitare mai, per nessuna ragione della buona fede degli interpreti. Siamo però anche in un Paese dove due arbitri come Maresca e Guida hanno chiesto di essere dispensati dall’arbitraggio del Napoli per poter condurre una vita tranquilla.

Provocazioni di Conte
Il tecnico del Napoli la butta in caciara, tenta di bullizzare Chivu che si fa difendere da Marotta (omettendo che gli era capitato altrettanto quando i due erano alla Juventus) e provoca Marotta invitandolo a farsi gli affari suoi. Al di là della richiesta surreale, l’artificiosità del pretesto è tanto volgare quanto grossolana.
Il pretesto per attaccare l’Inter e generare pressione per tutto il Campionato fa probabilmente parte di una strategia volta a innervosire perpetuamente gli avversari.
Il tecnico conosce bene i meccanismi psicologici perché spesso invece di motivare ulteriormente i rivali finisce davvero con l’irritarli.



Mentalità dell’Inter e comportamento di Lautaro
L’Inter da due anni gioca un solo tempo di qualunque big match, persino quelli che vince (vedi con la Roma). E’ strabiliante come sabato la partita, dopo il rigore realizzato da Calhanoglu, si fosse di nuovo inclinata a favore della squadra di Chivu. 1-2 segnato, paura degli avversari e più di mezz’ora per recuperare e stendere il Napoli.
Lautaro e tutta la squadra invece sono cascati nel classico tranello e si sono fatti trascinare in una gazzarra voluta e cercata dalla panchina del Napoli.
Dopo la rissa in campo l’Inter è sparita e il Napoli ha potuto vincere la partita senza più impedimenti
Molti hanno apprezzato i gestacci di Lautaro ma si tratta del capitano nerazzurro e rappresenta i valori del club. Qualcosa che Facchetti o Zanetti non avrebbero mai fatto, per intenderci.
Lo stile ha un valore, a prescindere dalla ragione.

Comunicazione di Chivu
Esemplare. E purtroppo sottovalutata. Spero non dalla squadra: “I giocatori devono pensare solo a giocare. Abbiamo sprecato energie a discutere con la loro panchina e da lì non siamo più riusciti a mantenere la lucidità necessaria per ribaltarla. Abbiamo sprecato energie inutilmente. Siamo sempre abituati a piangere e lamentarci e dobbiamo evolverci. Parole di un vincente, non l’opinione di un giornalista particolarmente critico o inacidito.

Una partita come quella di Napoli andava affrontata, nonostante i torti, con un piglio autoritario, da squadra abituata ad affrontare i problemi. Sembra che pesino più le sconfitte di questi anni che le vittorie e il rendimento negli scontri diretti sta lì a testimoniarlo. La mentalità vincente si conquista giocando 90 minuti, non 45.
Se si vuole vincere è bene rendersi conto che questa è come una guerra tra bande, l'oggettività non esiste e il rigore assurdo che l’Inter ha subito non lo risarcirà nessuno. Meno vittimismo e più ferocia, sarebbe un mantra apprezzabile per vincere.