L'Inter si perde e si ritrova. Aspettando il Liverpool
Non era facile, per niente facile: raccontarsi qualcosa di diverso è frutto di fantasia o, in alternativa, di un passaggio inedito di Alice nel paese delle meraviglie. L’Inter, ancora alle prese con qualche cicatrice di troppo per quei folli dieci minuti della stracittadina, cicatrici in parte sopite dal successo sulla Roma che vale la rivincita coi cugini e un posto nella semifinale della coppa nazionale, si è trovata di fronte il peggior avversario possibile, voglioso di stravolgere equilibri troppo presto dati per scontati. Oltretutto i ragazzi di Spalletti, eliminati dalla Fiorentina un mese fa, ora più ora meno, avevano il vantaggio di potersi dedicare anima e corpo a questa sfida, la partita dell’anno per molti, un semplice scontro al vertice per altri con possibili ripercussioni nel futuro nemmeno troppo immediato.
Vorrei ricordare, prima di continuare il discorso, le squadre incontrate dai nerazzurri negli ultimi trentacinque giorni, ora più ora meno: Lazio, Supercoppa e centoventi minuti con la Juventus, Atalanta, Empoli e centoventi minuti in coppa Italia, Venezia, Milan, Roma e Napoli, ovverosia sei delle prime sette della classe tralasciando i supplementari in ben due occasioni. Perché se si perde di vista questo particolare, che tanto particolare non è, si perde di vista il discorso generale. Ovvio, nemmeno al sottoscritto è piaciuto lo spettacolo pietoso del primo tempo di ieri pomeriggio. Ma, a volte, ci dimentichiamo di aver a che fare con uomini, mica robot o replicanti: siamo a Milano, anno 2022, non in un rifacimento di Blade Runner ambientato chissà quando e chissà dove. E, parlando di uomini, ci sta il rendimento incostante di qualcuno visti gli impegni pressanti e ravvicinati – ma non temete, la Lega ci ha assicurato che col calendario sfalsato sarebbe stata tutta un’altra musica, nessun tour de force soprattutto in vista degli impegni europei, qualcuno dica alla Lega che mercoledì noi ospiteremmo il Liverpool, giusto per puntualizzare – che hanno letteralmente intasato il post pausa natalizia dell’Inter, tralasciando ovviamente i voli transoceanici di qualcuno e lo stage della nazionale di qualcun altro.
Eppure, nonostante tutto, nonostante lo svantaggio immediato al Diego Armando Maradona grazie a un rigore più che corretto fischiato da Doveri, sufficiente senza stropicciarsi gli occhi la sua direzione, nonostante la sensazione di poter affondare pericolosamente da un momento all’altro, perché questa era la tremenda sensazione che attraversava la mia mente e, forse, quella di molti tifosi nerazzurri, in quei terribili e orribili quarantacinque minuti, i ragazzi sono tornati sul campo con piglio differente, come per esorcizzare un primo tempo non commentabile. Pareggio immediato, gran giocata di Lautaro che si becca la solita dose di insulti ma fa parte del gioco, un po’ come è sempre colpa di Handanovic, sono dei must ormai incontrollabili, poi gestione interessante della partita. Certo, hai concesso qualcosa all’avversario - opinione del tutto personale, il Napoli è la squadra più pericolosa in questa volatona per lo scudetto – prevalentemente in contropiede. Però hai comandato il gioco e, con un pizzico di cinismo e cattiveria in più, avresti anche potuto mirare al bersaglio grosso. Ad ogni modo pareggio è stato e, scusatemi, stavolta me lo prendo e lo tengo stretto. Sono certo che servirà nell’economia di questo campionato, ancora lunghissimo.
Ora mantenere concentrazione, cuore e testa. C’è un ottavo di Champions da giocare, ci manca da troppo tempo per amministrarlo sullo stile comparsa. Partiamo battuti? Forse. Intanto noi ce lo giochiamo. Altri, al contrario, si limitano a guardarlo.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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