Inter disastrosa? No, ecco perché. Ma ecco come Inzaghi e la squadra rischiano di fare un disastro
L’unica cosa di buono per l’Inter è che nonostante l’avvio sicuramente negativo, per molti disastroso, rimanga a -2 dal Milan travolgente e a -5 dal Napoli capolista. Certo, se il Napoli dovesse cominciare a correra, il -5 sarebbe davvero un problema. Ma altrimenti è tutto più che recuperabile, altro che i toni catastrofisti che si sentono in giro.
Ma l’Inter finora è stata davvero disastrosa come dicono?
No, ecco perché.
Si dice: ha già perso 4 partite in questa stagione, ma dove vuole andare. Quattro su 9 disputate inclusa la Champions. Eppure è un numero che non conta niente, e presto si spiega.
Tre sconfitte sono arrivate contro Lazio e Milan in trasferta, e Bayern. Tutte e tre partite che si possono perdere senza vergogna, e anzi cadere in trasferta in casa di Lazio e Milan rimane comunque perfettamente compatibile con una squadra che vinca lo scudetto. Quella che fa saltare il banco è la sconfitta di Udine, non ci sono dubbi, e del resto nessuno si sognerebbe di dire che l’Inter non ha problemi. Ma tra l’essere una squadra in difficoltà, ed essere un disastro, ce ne passa.
L’Inter ha vinto contro una squadra tonica come il Torino solo 3 giorni dopo il Bayern, e ha regolato senza patemi il Viktoria. Poi ci sono svariati problemi, ma il disastro è quello della Juventus; l’Inter ha problemi, ma è un’altra cosa.
Poi ovviamente, viste le difficoltà, e vista la natura autoflagellatoria dell’Inter e degli interisti, non è detto che questa difficoltà non si tramuti in disastro, ci mancherebbe.
E perché questo avvitamento non si compia tanto la squadra quanto Simone Inzaghi devono smettere di commettere questo tipo di errori.
La squadra deve riuscire a recuperare serenità e voglia di fare ed eventualmente sbagliare, senza che questo faccia salire la paura che le cose vadano male. Facile a dirsi, lo capisco. Ma la frenesia del continuare a pensare “Ecco, non siamo più quelli di prima” è la maniera peggiore di affrontare la situazione. Aiutarsi l’un l’altro, pressare anche per il compagno, non sbracciarsi facendo notare gli errori altrui ma reagire assieme è l’unica maniera con cui l’Inter può uscirne. Corsa e posizionamento certo, ma è prima di tutto un fatto di testa.
E poi Simone Inzaghi: incredibile il tiro al piccione a cui è sottoposto. Viene fatto notare come i cambi prematuri contro l’Udinese siano sbagliati, e ci sta, ma se ne fa un assunto generale, dimenticando come i cambi radicali contro il Viktoria fossero stati vincenti.
C’è sicuramente un fuoco ingeneroso su Inzaghi, anche un fuoco amico, ma è anche vero che è merito o demerito dell’allenatore riuscire ad ottenere quello spirito di sacrificio e quella concentrazione che sono troppo intermittenti al momento. Così come certi assiomi a cui Simone Inzaghi si rivolge più o meno pedissequamente - come la sostituzione causa ammonizione - a volte dovrebbero essere presi con meno ortodossia.
Il povero Simone giustamente si chiede anche: “Ma come, una partita mi rimproverate perché faccio i cambi troppo tardi, e un’altra troppo presto?” e torto non ne ha. E pensate anche ad Acerbi ad esempio, arrostito da tutti, per cui l’interismo unito era pronto a darsi fuoco se fosse andato male con il Viktoria, e che invece in queste ultime due partite si è rivelato il miglior difensore.
Anche questo un altro dei meriti non riconosciuti ad Inzaghi.
Ma allo stesso tempo l’impazienza dell’Inter nel recuperare, quella mancanza di serenità, e l’incapacità di rimanere compatti sono sicuramente peccati ascrivibili all’allenatore. Attenzione: non è detto che Inzaghi abbia fatto qualcosa per provocare queste lacune, ma è giusto che sia l’allenatore ritenuto responsabile qualora la squadra non riesca a trovare serenità, compattezza, generosità.
Non si deve essere quello che non si è, e non è giusto chiedere a Inzaghi “di fare il Conte”. Non ha nemmeno molto senso.
Lo stesso Inzaghi l’anno scorso tenne unita e produttiva la truppa convincendola che l’idea fosse quella giusta.
La chiave sarebbe ritrovare quella convinzione, ma c’è stato uno scudetto perso malamente di mezzo che rende la cosa più difficoltosa.
E allora Inzaghi, pur senza snaturarsi, pur senza scimmiottare Antoniocontismi, forse deve entrare più a fondo psicologicamente per interpretare bene il momento. Non significa fare il sergente o dare punizioni, ma forse ci sono momenti del dialogo, momenti del silenzio, e adesso momenti delle urla per scuotere le coscienze. I giocatori sono evidentemente rintronati dalle botte, e allora bisogna capire che è un momento diverso dove il di più da parte di ognuno deve essere preteso da Simone Inzaghi, costi quel costi.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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