Il nostro vero fondo d'investimento si chiama Beppe Marotta

Il nostro vero fondo d'investimento si chiama Beppe MarottaTUTTOmercatoWEB.com
domenica 10 ottobre 2021, 20:29Editoriale
di Gabriele Borzillo

Ricordo, ricordate anche Voi, dai, non fate finta di nulla quando, correva l'anno 2018, Giuseppe (per tutti Beppe) Marotta atterrò a Milano, sponda corretta del Naviglio. Ricordo, ricordate anche Voi, qualcuno non particolarmente felice del suo arrivo soprattutto perché qualche mese dopo, con la benedizione dell'allora ricchissima (sembrava così, oggi pare di no ma con l'economia cinese mai dire mai, sul serio però) Suning, riuscì ad accaparrarsi le prestazioni calcistiche di Antonio Conte. Ussignur, portarsi addirittura un'accoppiata di ex bianconeri in casa una parte della tifoseria la visse davvero male. Ma davvero, mica per ridere. Oggi Conte non appartiene più alla grande famiglia nerazzurra: Giuseppe sì. E mi vien da aggiungere per fortuna, che non oso pensare come saremmo messi se non avessimo il miglior dirigente calcistico italiano a dirigere la baracca. Poi, chiaro, gli oppositori seriali ci sono sempre e per tutti, quindi si troverà qualcuno con opinione negativa sulla conduzione dell'Inter da parte di Beppe, La chiamo così che siamo dalla stessa parte della barricata, Direttore. Parliamo, per fortuna, di rari casi. Anche perché, in tutta onestà, trovo complicato trovare nel percorso nerazzurro dell'attuale Amministratore Delegato errori o orrori eclatanti, tra mercato e squadra. Poi, siamo chiari, non è colpa sua se la Proprietà attraversa momenti poco felici, se bisogna cedere per tenere in piedi l'Effecì Internazionale e neppure se qualcuno si ricorda improvvisamente, tu guarda la maledetta nostalgia canaglia, di tifare fin da bambino squadre differenti dalla nostra dopo aver baciato lo stemma che la maglia nerazzurra porta sul cuore a più riprese.

Marotta ha trovato una squadra sull'orlo di una crisi di nervi, o il periodo assurdo dell'ex capitano non giocatore è passato di mente ai più? Ha costruito, grazie al denaro investito allora dalla Proprietà, una rosa competitiva: poi, per una serie di fattori che non basterebbero dieci editoriali a comprendere, la prima stagione contiana ha sfiorato ricchi premi e cotillons, la seconda ha centrato in pieno l'obiettivo con settimane d'anticipo sul previsto. Certo, c'è la pecca Champions, ed è una pecca enorme: perché, chiacchierando con amici, mi trovo a pensare all'Inter da febbraio in avanti, avversaria tosta per tutti, anche in ambito europeo. E il tafazzismo prende anima e corpo, ahimé.

Dopo la vittoria del diciannovesimo sono capitate tante cose. Per molti, non sto a fare la conta che non mi interessa minimamente, eravamo sulla via del ridimensionamento, il famoso, terribile e tanto temuto ridimensionamento che anche a nominarlo fa paura, ridimensionamento. Via Conte, Beppe ha detto recentemente che non se lo aspettava, via Hakimi, sacrificio necessario lo sappiamo tutti, poi c'è chi gli imputa di averlo venduto a poco, mah, e, soprattutto, l'addio dell'ex centravanti, monetizzato in maniera assai dignitosa. Nella difficoltà finanziaria più evidente della storia nerazzurra, perlomeno da quando ricordo io poi so che ci fu di peggio decenni or sono, Marotta non ha mai perso di vista il porto, l'approdo finale. Ha operato sul mercato con quella che una volta si definiva sagacia, sostantivo oggi non troppo in uso ma rende perfettamente l'idea. Ha tagliato il monte ingaggi. Ha fatto rientrare la Società in quei paramentri richiesti dalla Proprietà. E l'Inter attuale, al netto di quanto accadrà in futuro, è squadra forte, completa e competitiva, perlomeno nel campionato indigeno.

Insomma, non si fosse capito, provo tanta ammirazione, sincera, non di comodo, per Beppe. Per la sua capacità. Per rappresentare, in questo momento, l'Inter molto più che degnamente. Lui è il mio vero fondo d'investimento.

Alla prossima.