Dedicato agli infedeli

Dedicato agli infedeliTUTTOmercatoWEB.com
sabato 20 maggio 2023, 19:40Editoriale
di Fabrizio Biasin

Alla fine di questa stagione l’Inter avrà giocato la bellezza di 57 partite: 38 di campionato, 13 di Champions League, 5 di Coppa Italia, 1 di Supercoppa italiana.
Sono tutte quelle che l’universo mette a disposizione a una squadra di pallone, di più è impossibile (in realtà la Fiorentina ne giocherà una in più). E voi direte: “Sì ma se poi non vinci fa tutto schifo”. Ok, d’accordo, sono punti di vista. Quello del sottoscritto è il seguente: comunque vada a finire, io, me la sono goduta. Anzi, stra-goduta. Perché ho visto una squadra passare dalle sabbie mobili farcite di insulti, alla terraferma e i “boh, vediamo”, per poi finire nell’iperspazio dei “porca miseria ma che cavolo sta succedendo!”. E tutto questo lo ha fatto con le sue forze, gasando la sua gente come acqua frizzante, trasformandosi da “ognuno fa quello che gli passa per la capa” a “siamo una squadra vera, fatta e finita, si muore insieme, si trionfa insieme”. Bellissimo. 
E questa cosa qua è capitata perché l’Inter 22-23 è gestita con i controcazzi e non si accettano rimostranze, proprio no. Da queste parti abbiamo sempre difeso Simone da Piacenza, ma mica perché stiamo parlando di un panda in via d’estinzione, un cucciolo, un frugoletto, ma solo e soltanto perché abbiamo gli occhi e siamo contro le sentenze a metà strada. Inzaghi ha dimostrato con i fatti che le boiate del tipo “lo spogliatoio va per conto suo” erano, appunto, boiate, così come ha dato lezioni di tattica a tutti i suoi avversari (dal celebrato Maurizio Sarri a Stefano Pioli nell’Euro-Derby) e dimostrato di essere laureato in “gestione delle forze”: l’Inter è una squadra anzianotta, ma non ce ne stiamo accorgendo. L’Inter è una squadra che non può disporre del suo miglior difensore, ma non ce ne stiamo accorgendo. L’Inter è una squadra con una rosa assai valida….

E ce ne stiamo finalmente accorgendo.
Ecco, in questo pezzo celebrativo (perché sì, l’altra sera a San Siro abbiamo visto il Paradiso) ci piace dire le cose come stanno e pazienza se penserete “ummamma che sviolinata”. L’Inter 22-23 non è stata costruita spendendo quattrini e neppure “a costo zero”; questa squadra è figlia di un piccolo miracolo fatto di scelte marottiane e ausiliane complicatissime, di “vendo questo e tiro su due lire”, di “liquido quest’altro così abbatto il monte ingaggi”, di “prendo questo che è un po’ su con l’età ma secondo me si incastra nella rosa come un pezzo del Tetris”, di decisioni sagge, insomma.  
Il capolavoro sarebbe stato vendere Skriniar, ma quella è una storia finita male che, forse, un giorno qualcuno ci racconterà nei dettagli. 
Già, Skriniar. L’altra sera San Siro straripava di ex nerazzurri. Quelli che hanno fatto la storia (Materazzi, Sneijder…), quelli che a un bel punto hanno preso altre strade (Hakimi, Perisic…). Erano tutti lì a tifare per il nerazzurro perché il nerazzurro gli si è incollato dentro. E poteva essere così anche per il signore che quest’anno ha indossato la fascia da capitano, ma a un bel punto ha scelto il grano parigino e l’illusione di poter giocare partite più importanti, che ne so, un finale di Champions.
Chissà se Milan Skriniar giocherà mai una finale di Champions, noi sappiamo che tra quattro giorni si va in scena a Roma per provare a difendere la Coppa Italia (tappa assai importante). Poi, il 10 giugno, saremo tutti a Istanbul: fisicamente o con il cuore. E sarà dura come scalare l’Everest sulle mani, ché Pep ha messo in piedi la macchina perfetta, ma intanto ci godremo l’uscita numero 57 – l’ultima - di una stagione destinata a restare per sempre e a prescindere da quel che accadrà.
Grazie Inter, sei una meravigliosa distributrice di emozioni.