Bell'Inter a Cagliari, ma non mi aspetto di vincere a mani basse: non eravamo alla frutta fino a ieri?
Buona anche la seconda, su un campo complicato, di fronte a una squadra appena tornata nella massima serie, ben costruita e con un grande tecnico a guidarla. Vincere a Cagliari non è così facile come l’Inter l’ha fatto sembrare: perché è l’Inter che ha giocato una gran partita: primo tempo di livello altissimo, calo corretto nella ripresa, se andassimo a mille all’ora in questo periodo per tutti i novanta minuti sarei onestamente preoccupato. Certo, i fini esteti troveranno comunque da ridire, in ogni partita c’è qualcosa che funziona meno bene e non è esercizio difficile andare a scovare cosa: ma, nel complesso, ho assistito a novanta minuti di ottimo palleggio, convinzione, certezza. Quasi come se la squadra, i vecchi di questa squadra, non avessero mai staccato la spina dagli ultimi due mesi della stagione appena trascorsa. Quasi come se i vecchi volessero insegnare a chi è appena arrivato il modo corretto di approcciare le gare e quale sia la miglior maniera per stabilire, da subito, chi è il più forte. Penso e dico e scrivo che la finale di Istanbul raggiunta nella stagione passata ha dato nuovo lustro all’autostima dei giocatori. Vero, non abbiamo vinto: e si sa che per molti, purtroppo, la vittoria viene prima di ogni cosa. Io la vedo diversamente e continuo a rimanere dell’idea che raggiungere l’ultimo atto di una manifestazione tanto importante, andandolo a giocare come e meglio di chi, alla fine, quella manifestazione l’ha vinta, nella mente di un professionista del calcio instilli quella scintilla che fa tutta la differenza del mondo tra buon pedatore e gran pedatore.
Detto ciò non mi aspetto di vincere il campionato a mani basse, come leggo e sento da più parti, alcune delle quali pure nerazzurre. Ma come, mi vien da dire, ma se fino a ieri questa squadra era considerata decisamente indebolita, alla frutta, senza futuro – tutte cose lette, mica me le invento, fatevi un bel giro sui social – come può, improvvisamente, assurgere al ruolo della favorita che se Simone Inzaghi non vince la seconda stella è fallimento? No, mi piacerebbe qualcuno me lo spiegasse, faccio una gran fatica a comprendere. Oppure, al contrario, l’entusiasmo per l’arrivo (finché non firma sto coi piedi ben piantati per terra) di Pavard, un semplice difensore, uno dei tre del pacchetto centrale, basta per urlare al fallimento senza titolo? Ripeto, a me sembra tutta una grande esagerazione, un voler necessariamente mettere pressione all’ambiente, nulla più.
Invece, se analizziamo con raziocinio la rosa di questa stagione, scopriamo che gli undici in campo hanno, ciascuno, un alter ego. Ergo, ci sarà certamente una squadra titolare, mi sembra ovvio, guai se non ci fosse: ma, d’altro canto, i subentranti non saranno semplici riserve. No, per niente. Tuttalpiù possiamo parlare di altrettanti titolari, acquisti mirati per far crescere il tasso tecnico di un gruppo che a volte, quando c’erano cambi da fare, inciampava su balbettii e incertezze. Oggi, forse, questo problema è stato superato. L’Inter è completa, interscambiabile, mutevole.
Quella imboccata sembra la via giusta: proseguiamo, senza voltarci indietro o specchiarci stile Narciso.
Avanti l’Effecì.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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