Gruppo, qualità e psicologia. Così l'Inter ha vinto la Champions, ora dovrà ripetersi
Nella sua edizione odierna, La Gazzetta dello Sport ripercorre il percorso dell'Inter nella Coppa dei Campioni/Champions League: cinque finali e tre successi, con le vittorie nel 1963/64, 1964/65 e 2009/10. Simone Inzaghi insegue la quarta e non è detto che non si sia guardato indietro, per provare a capire come hanno agito i suoi predecessori. Helenio Herrera vinse la prima contro la squadra più forte del mondo, il Real Madrid, attuando marcature asfissianti: Guarneri su Puskas, Burgnich su Gento, Facchetti su Amancio ma soprattutto il mediano Tagnin su Di Stefano. Quest'ultimo lo seguì ovunque, al punto da farsi dire "Mi vuoi seguire anche fuori dal campo?". "Anche in bagno, se serve". Finisce 3-1, all'Inter attuale servirà quell'applicazione.
La seconda invece fu la gara della consapevolezza, con tranquillità e dominio psicologico. Per certi versi, fu simile la finale del 2009/10: l'Inter aveva la certezza di centrare il bersaglio, visto che l'avversario più duro l'aveva battuto in semifinale, e giocò con la testa libera. Uno-due di Milito e vittoria per Mourinho. Ai nerazzurri serviranno quella forza psicologica, quella sicurezza e la qualità nelle giocate per ripetersi e fare (ancora) la storia.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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