Zanetti: "Moratti era felicissimo di tornare alla Pinetina. Zhang? Grandissimo rispetto tra loro"

Zanetti: "Moratti era felicissimo di tornare alla Pinetina. Zhang? Grandissimo rispetto tra loro"TUTTOmercatoWEB.com
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lunedì 13 maggio 2024, 14:42Primo piano
di Yvonne Alessandro

Il rapporto con Moratti, la scelta di sbarcare in Italia per vestire la maglia dell'Inter e il percorso che lo ha portato alla fascia da capitano. Così Javier Zanetti a "Passa dal BSMT", attuale vice presidente nerazzurro, si è raccontato senza filtri o preclusioni tra ricordi del passato che possono intrecciarsi anche col presente. 

Recentemente hai postato la foto con l'ombrello e Moratti.

"Eravamo alla Pinetina. Era più di 10 anni che non tornava, è stata una bellissima sorpresa. Per me Moratti è come un papà, è stato molto gentile il presidente Zhang che lo ha invitato. Ti giuro, quando ho rivisto quella foto lì mi sono venuti in mente i tempi in cui io mi allenavo e lui era lì con l'ombrello. Un momento emozionante, anche per lui. Lo vedevo che era felicissimo di tornare in quella che è casa sua e vedere anche questo presidente dell'Inter che lo rende felice".

Hanno un bel rapporto Moratti e Zhang.

"Un grandissimo rispetto. Moratti ha detto che l'Inter era ed è stata la sua grande passione".

Lui ti ha voluto?

"L'Inter va a prendere Rambert e in una partita in cui giochiamo insieme con la Nazionale, la fortuna vuole che feci bene in quella partita lì. Ai tempi c'erano le videocassette, in Argentina c'era Luis Suarez, Sandro Mazzola e Angelillo che guardavano queste partite. L'Inter prende Rambert, voleva prendere un altro calciatore ma non nel mio ruolo. Quando mandano questa cassetta chiama Mazzola il presidente Moratti, l'aveva vista con suo figlio e aveva detto al presidente: 'Stiamo cercando di prendere un trequartista'. Lui dice: 'No, voglio il numero 4'. 'Ma presidente non è in quel ruolo'. E Moratti: 'Voglio il numero 4. Comprate il numero 4'. E così mi hanno comprato e inizia l'avventura con l'Inter".

La partita più bella che hai giocato?

"La prima a San Siro. Era l'esordio, compiere questo sogno. La partita era col Vicenza domenica e al venerdì, io abito a Como, in macchina c'era mio padre e mia madre e siamo andati fino a San Siro a girare intorno perché io raccontavo loro che avrei giocato in quel grandissimo stadio. I primi tre anni si sono trasferiti lì con me, che non avevano nemmeno mai preso l'aereo in vita loro. Erano felicissimi di accompagnarmi, i primi tre anni molto belli non come risultato della squadra ma come emozioni. Come percorso di crescita".

Di alti e bassi ce ne sono stati.

"Io divido la mia storia con l'Inter in due tappe, dove siamo riusciti a vincere la coppa Uefa con Ronaldo il Fenomeno a Parigi. Poi altri dieci anni dove siamo riusciti a vincere tutto. Nei momenti difficoltà parlavo spesso con Moratti, lui faceva grandissimi investimenti per comprare grandi campioni e non riuscivamo. Ma lui diceva: 'Continuiamo, dobbiamo insistere'. Meno male che il tempo mi ha dato ragione".

Ti ricordi quando ti hanno detto che saresti stato capitano?

"Sì, era una partita di Coppa Italia. Il capitano in quel momento era Bergomi, dopo Pagliuca. Mancavano loro due ed è stata la prima volta che ho indossato la fascia, e dal '99 in poi sempre. Anche lì per me un momento di grande soddisfazione e onore perché vedevo tutti quelli che l'avevano indossata prima di me, da Bergomi a Facchetti, Baresi...era una grande difficoltà".

Che ruolo è quello del capitano?

"Hai più responsabilità, ma dipende anche dalla personalità di ognuno. Ero un capitano che mi piaceva essere d'esempio: poche parole ma tanti fatti. I miei compagni sapevano che tutto quello che facevo non era per interesse personale ma per un bene comune. Ero un capitano che rendeva partecipi tutti. C'era un problema? Facevo la riunione con tutti, come lo affrontiamo, prendiamo la decisione. Penso che tutti i miei compagni mi abbiano rispettato per questo perché mi hanno conosciuto senza fascia e quando ho iniziato a indossarla non è cambiato la mia personalità. C'erano più responsabilità ma i miei compagni vedevano che tutto quello che facevo lo facevo per il bene del gruppo. E sinceramente io sono stato capitano di Ibrahimovic, Eto'o, Baggio, Simeone, tanti grandissimi campioni. Anche Figo. Tranquillamente ognuno di loro poteva essere capitano. Hanno vinto tanto. Però ho sempre ricevuto da parte loro grandissimo rispetto e questo mi ha aiutato".