Vecino: "Superare l'infortunio è stato difficilissimo. Senza pubblico clima da allenamento"

Vecino: "Superare l'infortunio è stato difficilissimo. Senza pubblico clima da allenamento"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 25 maggio 2021, 13:42Primo piano
di Alessio Del Lungo

Il centrocampista dell'Inter, Matias Vecino, ha rilasciato una lunga intervista al podcast Colpo di testa. Queste le sue dichiarazioni:

Cosa si prova ad essere campioni d'Italia?
"Sicuramente sono felicissimo perché è un risultato importante e qui non si raggiungeva da molto tempo. Mi dispiace solamente che si arrivato nell'anno degli stadi a porte chiuse perché non si capisce la dimensione di quello che si è ottenuto. Credo che rimanga quello che è successo in campo".

E' soddisfatto della sua carriera?
"Alla Fiorentina ero uno sconosciuto e non è stato semplice, ma oggi se guardo indietro e vedo da dove sono partito e dove sono adesso direi di essere molto soddisfatto. Nella vita si ha sempre degli obiettivi importanti, ma il cammino per raggiungerli è lungo".

Che ricordi ha del Vecino giovane?
"Per andare agli allenamenti dovevo fare un vero e proprio viaggio perché non abitavo nella capitale e quando arrivavo a casa la sera ero esausto. Io do molti consigli ai ragazzi, all'Inter vedo che Satriano ha la voglia di spaccare il mondo, ma io so che arrivare in un paese nuovo a 19 anni è difficile".

Quanto è importante il mate per lei?
"Momento di socialità e di gruppo. Anche tanti che non sono sudamericani lo usano ultimamente anche se da fuori sembra strano. Ho visto anche uno del Tottenham poco tempo fa... Il sapore è forte, ti dà anche energia, ma tutto dipende dall'erba che gli metti dentro... Io sono per quelle soft".

Momento di socialità come lo è anche l'asado.
"L'altro giorno l'abbiamo fatto con tutto il gruppo ed io ero l'assistente di Lautaro Martinez... Mica è semplice dare da mangiare a 50 persone. La differenza con l'Italia c'è perché là si mangia non al sangue e a fuoco più basso, ma io non sono troppo esperto anche se so farlo. Purtroppo non sono paziente per stare due ore a cuocere la carne".

Che ricordi ha del primo contratto da professionista?
"Un po' veloci, ma ci sono. Ero nell'U18, la categoria sotto la Primavera, e la prima squadra ha esonerato l'allenatore, prendendo il direttore generale delle giovanili che io ho avuto la fortuna di avere due anni prima. Così, me ed un altro, ci ha portati con i grandi e mi ha subito fatto debuttare. Ripeto, fu tutto molto veloce perché il match seguente eravamo nello stadio del Centenario".

Cosa si porta dietro invece della prima chiamata in Nazionale?
"Sinceramente me l'aspettavo perché alla Fiorentina stavo facendo bene, ma sicuramente non pensavo di partire negli 11. Ricordo che in Frosinone-Fiorentina avevo sentito un po' male all'adduttore e per me era un po' una beffa perché il giorno dopo dovevo andare in Uruguay e quindi non potevo chiedere il cambio. Arrivai in patria e mercoledì c'era il Brasile in trasferta, gara per le qualificazioni mondiali nella quale ero certo di andare in panchina. Tabarez mi mise subito titolare e io ebbi un po' di paura e tensione, ma fortunatamente andò tutto bene e, non so come, pur giocando la gara per intero non ebbi complicazioni all'adduttore".

I gol contro Lazio e Tottenham sono entrati nella storia recente dell'Inter. Che cosa ha provato?
"In quel momento niente perché ero concentrato su quello che dovevo fare. Mi sono emozionato di più quando ho sentito la telecronaca, rivisto il gol e i tifosi che esultavano. Dentro al campo non riesci a capire bene ciò che c'è intorno, mentre senza tifosi il clima è da allenamento, manca la pressione di quando devi vincere o stai facendo male. Io con l'infortunio sono stato fermo tanto, ma quando sono rientrato ho potuto constatare che è complicato giocare senza il pubblico. In partita quando si sbaglia è importante dimenticare subito e ripartire, mentre quando si fa bene c'è più fiducia nei propri mezzi, si rischia di più, il corpo ti fa capire se stai bene, soprattutto ad inizio match. Io nel riscaldamento comincio a capire se sono libero, se le gambe vanno forti... Ed in quel caso so di non avere problemi. Se arrivi da 3 partite giocate di seguito è normale che tu ci metta un po' di più per entrare dentro alla gare e spesso scegli di partire piano per accelerare".

Quanto è stato difficile superare l'infortunio?
"Difficilissimo. Già prima del lockdown avevo avuto dei problemi, ma a maggio stavo peggio perché c'era un edema osseo. Ho provato ad andare diverse volte a Barcellona per una terapia conservativa, mi allenavo bene per diversi giorni, ma quando arrivava il momento di forzare non stavo bene. I dottori hanno fatto di tutto per evitare l'operazione, ma qualcosa andava fatto e mi hanno suturato. Da lì è iniziato il recupero e dopo due mesi il ginocchio cominciava a gonfiarsi. Io personalmente non avvertivo niente, ma chiaramente qualcosa non andava e a Barcellona mi hanno detto di operarmi ancora per paura di un'infezione. Il problema si è scoperto fosse uno dei punti che mi avevano dato... Ripartire di nuovo da zero... Mi sono detto di rimanere là a Barcellona finché non sarei tornato apposto e così ho fatto da settembre a dicembre. La ricaduta è stata dura da superare soprattutto psicologicamente".