L’Inter e Conte: dipendenza reciproca che passa dal mercato. I programmi per l’estate ed i ruoli coinvolti
Considerare Antonio Conte alla stregua di un tecnico vincente, è un esercizio sin troppo banale e scontato in relazione ai numeri che ne contraddistinguono il background e la carriera. Ciò che segna effettivamente la differenza tra il tecnico dell’Inter ed i pari ruolo presenti nel nostro campionato, è piuttosto il ruolo manageriale e di totale identificazione e reciproca dipendenza che è stato in grado di creare con l’Universo Nerazzurro.
Reciproca sì, perché se da un lato è indubitabilmente vero che l’Inter senza Conte aveva ed avrebbe una dimensione nemmeno lontanamente paragonabile a quella attuale, è altrettanto pacifico che il lavoro di costruzione e di fruibilità del percorso annunciato ad inizio campionato sia merito e frutto di un habitat lavorativo unico nel suo genere, tale è la libertà d’espressione che concede al suo condottiero.
Questo tipo di compenetrazione è il presupposto che è mancato al tecnico leccese nelle precedenti esperienze professionali che hanno costruito la sua carriera sino ad oggi, e che rende il legame tra le parti decisamente più solido anche rispetto a quanto indichi la scadenza contrattuale.
Fatta questa doverosa premessa, è tempo però di analizzare nel dettaglio alcune dichiarazioni rilasciate dall’allenatore della capolista a margine del pareggio del Picco, passate in sordina perché inserite in un contesto rivolto agli strascichi della bagarre Superlega ed ai bagliori della paura collettiva (immotivata a mio parere) di una cosiddetta sindrome del braccino che potrebbe accompagnare l’Inter al finale di questo torneo.
Le parole di cui sopra sono legate alla permanenza di Conte sulla panchina dell’Inter ad ampio raggio, ed alla sua più che lecita richiesta di chiarezza da parte della proprietà, prima ancora che della società che pure è stata presente e rappresentata nel migliore dei modi in questo anno così vicino all’imponderabile.
Chi ha interpretato quelle dichiarazioni come un primo tentativo di rescindere il cordone ombelicale con la realtà che Conte a contribuito massivamente a costruire, cercando di renderla vincente, non conosce nemmeno lontanamente le ambizioni che deflagrano nel petto dell’allenatore dell’Inter.
La volontà di trovare un punto d’incontro con la proprietà non è nemmeno motivato da ragioni economiche personali, o ancora richieste di aumentare i propri emolumenti in virtù dei risultati che verranno presumibilmente raggiunti, ma piuttosto dalla volontà ferrea ed ineludibile di mantenere alto, tendente all’altissimo lo standard di aspettative per la squadra di qui in avanti.
C’entra il mercato, inevitabilmente, perché affinché il rapporto simbiotico al quale abbiamo fatto riferimento in precedenza si concretizzi, essere parte integrante delle decisioni su come e dove modellare la creatura deve rappresentare un passaggio chiave. Così come c’entra la chiarezza e l’assunzione di responsabilità: Conte ha dimostrato nell’agosto scorso di non avere considerato inconciliabile con la propria permanenza un mercato a costo zero, ma è altrettanto inevitabile che vada a considerare il valore che lui stesso ha contribuito a creare con la crescita dei giocatori che ha allenato ed il conseguente aumento della loro valutazione, come necessità di essere tradotta anche nella sessione estiva. Con pochi investimenti ma mirati, con la messa in preventivo di qualche sacrificio in uscita che possa essere considerato accettabile e con la assoluta necessità di cercare un miglioramento negli standard che debba essere rivolto alla prossima campagna europea. Tradotto in trattative? Un esterno sinistro “alla Gosens” (non per forza il tedesco) che faccia da contrappeso mancino ad Hakimi sulla corsia opposta, un vice Lukaku attendibile oltre alla permanenza del trittico d’attacco attuale, mentre si potrebbe concordare di ritardare di una stagione l’investimento sul dopo Handanovic che pure andrà prima o poi messo in preventivo quantomeno come affiancamento.
A centrocampo non si pongono limiti alla provvidenza, ma molto dipenderà dalle cessioni eventuali e che non dovranno riguardare chi si è affermato a tutti i livelli come titolare inamovibile nella scalata verso il primo posto.
Così il panorama del percorso giustificherebbe una permanenza nel futuro prossimo e anteriore, così il rapporto di dipendenza reciproca verrebbe quasi santificato. Chi lascerebbe mai la guida di un treno che viaggia tanto forte?
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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