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ESCLUSIVA – Amadeus: “Tifo Inter grazie a mia Zia Enza. Con Marotta dormo sonni tranquilli. Calhanoglu? Ho sperato rimanesse”

ESCLUSIVA – Amadeus: “Tifo Inter grazie a mia Zia Enza. Con Marotta dormo sonni tranquilli. Calhanoglu? Ho sperato rimanesse” TUTTOmercatoWEB.com
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di Michele Maresca

Per tracciare un quadro dell'inizio di questa stagione dell'Inter, approfondendo il tema della crescita di alcuni calciatori e quello dell'importanza dei giovani per la compagine nerazzurra e il calcio italiano nel complesso, la redazione de L'Interista ha avuto un ospite d'eccezione: il conduttore e presentatore televisivo Amadeus, grande tifoso interista. Di seguito l'intervista.

Negli ultimi match si sta assistendo a un cambio di rotta dell’Inter di Chivu. Lei come pensa che si stia evolvendo la situazione in casa nerazzurra?

“Ho sempre avuto grande stima per Chivu, prima come giocatore e ora come allenatore. Si tratta di una persona molto seria ed esperta, sappiamo bene cos’ha fatto da calciatore. Da allenatore, alla Primavera dell’Inter ha fatto molto bene, così come si è ben disimpegnato a Parma. Certo, il passo dai crociati all’Inter non è semplice, ma io ho sempre avuto totale fiducia in lui. Penso che sia un allenatore con le idee chiare, un suo metodo e una buona capacità di valorizzare i giovani. Per quanto l’Inter sia casa sua, quindi non si tratta di un allenatore entrato in una società a lui sconosciuta - anzi, tutt'altro - è chiaro che dover allenare la squadra nerazzurra ti ponga all’inizio nella situazione di dover conoscere tutti i giocatori che hai a disposizione. Io credo che Chivu stia facendo molto bene: siamo sulla buona strada e penso che l'Inter si toglierà molte soddisfazioni con lui”.

Si sta notando un cambio di passo, nelle ultime uscite, anche sulla scia di un ‘ritorno alle origini’ da parte di Hakan Calhanoglu. Con il turco assoluto protagonista, si può guardare al futuro con rinnovato ottimismo?

“Credo che Calhanoglu sia un giocatore fondamentale per l’Inter. Quando si parlava dell’ipotesi che potesse tornare in Turchia, io onestamente speravo che questo non accadesse perché non è facile trovare un altro Calhanoglu. Quello che sta facendo Chivu è valorizzare tutti i giocatori, cambia spesso formazione tra Campionato e Coppa. Tutti sono fondamentalmente consapevoli di far parte della rosa, per cui non vi è la classica riserva. Si vede che i giocatori sono in forma, che danno ciò che lui chiede. Quindi, è bene che giocatori che hanno un'età un po' più avanzata, mi riferisco appunto anche a Calhanoglu che non ha più 25 anni, possano beneficiare delle rotazioni volute dall’allenatore. Penso al caso di Barella, impiegato nella posizione di regista contro la Cremonese, con la quale ha giocato una delle più belle partite degli ultimi mesi. Sono calciatori che vedo rigenerati da un punto di vista mentale, che era probabilmente la cosa di cui aveva bisogno l'Inter l'anno scorso, dato che era arrivata nelle ultime partite alla fine della stagione logora da un punto di vista sia fisico che mentale. Ecco, quello che ha fatto Chivu, secondo me, è ritornare a una testa assolutamente convinta delle proprie capacità. Ciò lo si è visto anche con la Cremonese”.

Vi è un esempio emblematico di tale rinnovata consapevolezza in casa nerazzurra, come quello di Dimarco…

“Dimarco era un bel po' che non lo vedevo a questi livelli. Quindi, anche un Dimarco diverso, non per forza relegato solo sulla fascia, ma in grado anche di accentrarsi. Il gioco di Chivu lo trovo anche più imprevedibile rispetto al passato, a me piace. Per quanto riguarda i giocatori, si ha l'idea che si sentano tutti parte di un progetto”.

A proposito del fatto di sentirsi parte integrante di un progetto, non possiamo non citare Bonny e Pio Esposito, rispetto ai quali sembra inopportuno parlare di ‘riserve’…

“L’allenatore è fondamentale per i calciatori, non è vero che incide poco su di essi. Vi sono dei giocatori che rendono il doppio in presenza di uno specifico tecnico, come nel caso di Lukaku con Conte. Nella storia vi sono tanti esempi di calciatori che vengono talmente tanto conosciuti dai propri allenatori da poter rendere in maniera ideale con loro. Bonny è un profilo valorizzato da Chivu, al Parma, tant’è che il tecnico l’ha voluto all’Inter. Chivu sa come far giocare Bonny, mentre quest’ultimo dà il massimo per sé, la squadra e il suo allenatore. La stessa cosa vale per Pio Esposito, giocatore che ha fatto parte della Primavera di Chivu. Soprattutto quando lavori con i giovani - perché stiamo parlando di gente di 19-20 anni – che non hanno l'esperienza dei Lautaro, dei Calhanoglu a livello internazionale, sai che hanno bisogno di un allenatore che li conosca e che li utilizzi al meglio. Oggi noi abbiamo due giocatori, perché giustamente hai detto che la parola ‘riserve’ non è corretta, due alternative veramente valide a Lautaro e Thuram, cosa che non avevamo l'anno scorso. O per sfortuna o perché non venivano utilizzati nella maniera giusta oppure perché loro non erano in grado di incidere. Purtroppo, l'anno scorso erano quasi sempre costretti a giocare Thuram e Lautaro. Oggi, questi ultimi possono anche respirare o prendersi un turno di riposo per recuperare, perché chi li sostituisce lo fa al meglio”.

A proposito di giovani, la nuova linea societaria è resa evidente dall’introduzione dell’Inter U23, voluta con forza dal Presidente Marotta. Lei sposa il cambiamento delineato dalla società nerazzurra?

“Ho sempre detto che, finché l’Inter ha Marotta, dormiamo sonni tranquilli. Non ha mai sbagliato le scelte degli allenatori e quelle societarie, è lui il faro dell’Inter. Non posso che appoggiare il progetto legato ai giovani perché bisogna partire da loro. Ciò è quanto fanno in Inghilterra, in Spagna, in Germania, in cui sono impiegati da titolari ragazzi di 17-18 anni, cosa che in Italia fino a poco era impensabile. Oggi noi dobbiamo andare in quella direzione per tante ragioni: per la nazionale stessa, per le società che investono su giocatori che poi possono risultare decisivi e che hanno un valore il quale può essere quintuplicato nel giro di uno o due anni, quindi è tutto giusto ciò che fanno”.

Sembra essere questa la nuova linea, anche a livello nazionale, e Gattuso la sta sposando in pieno…

“Gattuso è una persona di grande esperienza, sa che è questa la linea da seguire. Siamo noi tifosi che dobbiamo avere pazienza: non possiamo pretendere che debbano giocare i giovani, per poi colpevolizzarli di un eventuale errore, perché altrimenti vogliamo ‘la botte piena e la moglie ubriaca’. Ogni società vuol far bene, è chiaro, però se tu investi su un giovane devi accettare che possa pagare un'inesperienza. Se non gli dai un’occasione, è evidente che non potrà mai emergere. Personalmente, vorrei sempre evitare che i giovani finiscano in squadre di categorie decisamente inferiori, perché poi è difficile che emergano in quel contesto. Io penso questo: se tu vuoi far crescere un giovane devi farlo allenare gomito a gomito con un campione, così da farlo attingere da lui, però gli devi anche permettere ovviamente di pagare scotto in termini di inesperienza. Quindi, tutti dobbiamo avere più pazienza se vogliamo che questo accada… è fondamentale partire dai giovani. Poi credo che, come avviene ad esempio nell'Inter, il giovane possa essere affiancato del giocatore esperto, questo è normale. Un De Vrij in difesa ti dà grande esperienza, così come Calhanoglu e Mkhitaryan a centrocampo o Lautaro in attacco. Poi, a questi giocatori di grande esperienza si possono aggiungere i più giovani, come Sucic, Pio Esposito e Bonny. Insomma, è chiaro che piano piano vadano inseriti, però bisogna avere pazienza, noi tifosi per primi”.

A proposito del Campionato, lei pensa che le prime 5 squadre attuali siano quelle che si contenderanno i 4 posti validi per l’accesso alla prossima Champions League?

“Le prime 5 possono giocarsi la zona Champions e lo scudetto, anche se oggi, com’è giusto che sia, il Napoli è la squadra più accreditata per la vittoria del Campionato. Perché ha lo scudetto cucito sulle maglie, perché è rimasto Conte e per i rinforzi che sono stati effettuati in estate. È la squadra da battere, in questo momento, ma è presto per dare giudizi definitivi.  Il Campionato ci ha insegnato che squadre che sono in lotta per non retrocedere potrebbero fare un grande giro di ritorno, o viceversa, e la stessa cosa vale per la zona alta. Io credo che siano queste: Napoli; Inter e Milan, compagini destinate probabilmente ad essere le vere antagoniste dei partenopei. Massimiliano Allegri è un altro allenatore preparato, amato dai propri giocatori, che potrà lottare per il vertice. In questo momento, quindi, oltre al Napoli vedo Inter, Milan e poi Roma e Juventus”.

Conte sembra essere più scettico su questo tema, avendo sottolineato che quello ora in corso sarà un anno complicato per il Napoli dopo i tanti innesti estivi...

“Conte è una persona esperta, quindi prova a spegnere un po’ l’entusiasmo perché è consapevole che il Napoli dovrà affrontare anche la Champions League in questa stagione. Quindi sa che sarà più difficile quest'anno, certamente, perché l'impegno è decisamente superiore rispetto alla scorsa stagione, in cui la sua squadra pensava solo allo scudetto. Dunque, fa un discorso corretto, logico, per dire ai tifosi ‘Attenzione, perché poi l'entusiasmo è giusto che ci sia, ma sarà un anno più difficile’. Poi vediamo, le cose si decidono spesso in fondo: chi ha la tenuta migliore, chi ha la panchina più lunga in termini qualitativi – per cui chi entra non fa rimpiangere chi viene sostituito. Non tanto adesso, ma dalla primavera si comincerà a vedere chi arriva col fiatone e chi invece ce la fa. Quindi, è normale che Conte dica questo essendo un allenatore esperto”.

L’Inter è la sua squadra del cuore. Quali ricordi la legano maggiormente ai nerazzurri?

“L’Inter è la squadra che tifo da quando sono bambino. Me l’ha fatta amare la mia Zia Enza, che mi portava al Bentegodi – all’epoca abitavo a Verona – per vedere una grande Inter. Ho visto giocare Facchetti e Mazzola, quindi era un’Inter che mi affascinava fin da piccolino. Ho trasmesso questa passione ovviamente a mio figlio portandolo allo stadio, il luogo sempre ideale per trasmettere la passione ai figli perché si tratta di qualcosa di diverso rispetto alla televisione. È il luogo dove la partita ha un sapore diverso, a San Siro sono stato tantissime volte con la mia famiglia, i miei amici. Ho vissuto tante vittorie, anche tante delusioni, ci sono i momenti bellissimi e quelli bruttissimi. È chiaro che per me il Triplete è stato uno di quelli in assoluto più belli, che non dimenticherò mai. Purtroppo, non ero a Milano - mi trovavo a Roma per lavoro - quindi ho dovuto viverlo a distanza, però fa parte di quelle gioie che sono indimenticabili. Per quanto riguarda San Siro, sono sempre dell'idea che bisogna andare avanti: si pensi a quanto accade in Inghilterra o in Spagna, con le grandi società che possono disporre di stadi nuovi, moderni, con ristoranti, hotel. Non possiamo avere gli impianti più vecchi d'Europa: lo stadio deve essere di proprietà, deve essere la casa di una squadra”.

Quindi la sua visione è di poter rispettare il passato abbracciando al contempo il futuro…

“Io non appartengo alla categoria di quelli che si affezionano a una struttura. Mi affeziono, piuttosto, a una società, sono dell'idea che la struttura debba andare pari passo con la società. Quindi avere uno stadio di proprietà, uno stadio proprio, una casa propria è un beneficio per i tifosi e per la squadra. Quando San Siro non ci sarà più, io mi auguro che ne tengano una parte, come si fa in Inghilterra. Spero che ne conservino una parte, come grande ricordo, e che il nuovo stadio sia bello e che possa accogliere ancora molte vittorie. Io appartengo a quelli che non vedono in San Siro qualcosa che non si deve toccare. Per me bisogna andare avanti”.

Sulla falsariga di quanto avviene a livello internazionale?

“Quando vado in giro per l’Europa, ammiro stadi che mi lasciano a bocca aperta. Tra l’altro, concepisco poco che due squadre stiano nello stesso stadio. Quando sono stato in Inghilterra, trovavo persone che mi dicevano ‘Ma veramente Inter e Milan giocano nello stesso impianto’? E quando io lo confermavo, loro mi dimostravano di ritenerla una cosa inammissibile, dato che lo stadio viene visto come la casa di una determinata squadra. Quindi, è come se a casa tua ci stessi tu i giorni pari e un altro i giorni dispari, con quest’ultimo che ha la possibilità di spostare il tavolo della tua cucina, mettere il suo materasso… questa è una cosa inammissibile agli occhi della maggior parte dei tifosi europei”.

Si ringrazia Amadeus per la disponibilità.