Perdere ci sta. Così preferibilmente no, grazie

Perdere ci sta. Così preferibilmente no, grazieTUTTOmercatoWEB.com
domenica 28 agosto 2022, 06:45Editoriale
di Gabriele Borzillo

Bisognerebbe smetterla di schierarsi sempre, quello va bene e quello no, quello è adeguato e l'altro mica troppo, quello merita più del compagno e via dicendo. Sta di fatto, però, che nel calcio ci sta di perdere, eccome se ci sta. L'Inter di Mou, ad esempio, prese tre schiaffoni tre a Bergamo nell'anno del triplete disputando una delle più brutte tragicommedie pallonare che io ricordi. Perché, se lasciate scorrere i ricordi senza ombra di dubbio troverete prestazioni imbarazzanti in qualche cassettino della memoria, che vorreste dimenticare senza riuscirci. Insomma, torniamo al titolo: perdere, nel calcio come in ogni altro sport, ci sta, eccome se ci sta. Però, anche nella sconfitta, c'è modo e modo: ecco, la squadra di Roma non è difendibile, non ci si consegna mani e piedi all'avversaria di turno. È questo che, parlo per me ovvio, mi ha dato maggiormente fastidio e fatto più paura. Undici anime vuote, diciamo sette o otto, sarebbe ingiusto trascinare tutti quanti in uno spettacolo così deprimente: senza aiuto l'uno verso l'altro, senza voglia, senza grinta, senza combattere perché nello sport, come nella vita, si combatte. Poi magari si perde, ma si combatte. Squadra totalmente slegata, portata dalla corrente senza la minima opposizione.

Eppure, in tutta sincerità, l'orribile serata romana non era iniziata male, anzi. Nerazzurri padroni del campo nel primo quarto d'ora, tanto da sembrare loro i padroni di casa e gli avversari la vittima sacrificale intenta a costruire un fortino che resistesse quanto più possibile. Mai impressione fu più sbagliata. Mai, a memoria. Dopo un quarto d'ora di immagina, puoi, l'Inter ha letteralmente smesso di giocare a pallone. Non so e non riesco a capire cosa diavolo sia capitato nella testa dei giocatori e di chi sta in panchina, troppo facile stavolta scaricare tutte le responsabilità su chi scende in campo, la squadra sistemata male sul terreno di gioco, regalare un calciatore agli avversari in nome e per conto del marchiamo Savic stile provinciale qualunque non l'ho fatto io e, di fatto, abbiamo pagato pure parecchio lì in mezzo, con Barella a correre per due e scoppiare dopo un pochino sommato al Brozo a corrente alternata di questo periodo. Insomma, i ragazzi di Inzaghi a un certo punto perdono la bussola ed escono, senza che nessuno glielo chiedesse nella fattispecie, dal campo.

Oltre alla mancanza di idee segnalerei un secondo particolare che mi inquieta un filo: la lentezza disarmante dei giocatori. Vanno piano, sempre o quasi secondi sul pallone – tranne quel primo quarto d'ora ingannevole – sempre o quasi battuti in velocità. Per finire, punto tre, il primo gol della Lazio fotocopia di Bologna, qualche mese fa. Significa, è evidente ma se piace di più raccontare cosa dici, cosa vedi, cosa guardi, che quel movimento difensivo i nostri non lo sanno fare e, in circostanze del genere, l'avversario di turno va sempre a cercare Dimarco mentre il centrale, ieri Bastoni, resta fermo in mezzo all'area come i vecchi vigili urbani in un incrocio. Insomma, in sostanza all'Olimpico non si è fatto male, casomai molto peggio. C'è pochissimo, meglio niente, da salvare, se non la prestazione di Samir, qualche sgroppata di Denzel o la voglia di Lautaro. Oddio, in questo marasma di nulla ho piazzato anche delle sufficienze. Niente di particolarmente esaltante, troppo brutta l'Inter di venerdì sera per assomigliare, anche da lontano, a una squadra di calcio vera. È arrivata la sconfitta, è arrivata quasi subito, forse bene così. Basta prenderne atto, cercare di capire come mai, osare qualcosa di diverso da uno scolastico trecinquedue di una noia mortale, cambiare quando serve, senza aspettare il settantesimo. E, soprattutto, scoprire perché a Roma non abbiamo corso, non abbiamo giocato a calcio.

Alla prossima.