InterNazionale: Spalletti, era così complicato? Il "dilemma" Frattesi lo risolvono 69 partite stagionali
E anche questa sosta… Vi lasciamo completare la frase, diciamo che ce la siamo messa alle spalle. Divertente come tutte le soste di settembre per la Nations League. Però qualcosa ha lasciato: su tutte, un'Italia che fa ben sperare e allo stesso tempo fa parecchia rabbia. Ci voleva davvero così tanto?
Gli azzurri visti in queste due gare sono sembrati lontani parenti - migliori - di quelli ammirati in estate agli Europei. Non che ci fossero così tante novità, a cambiare è stato Luciano Spalletti: gliene va dato atto, l'ha ammesso con grande onestà. L'impressione è che, in Germania, l'infortunio di Acerbi lo avesse mandato in corto circuito: deludendo chi, con un briciolo di logica, s'immaginava l'Italia col 3-5-2, il ct aveva proposto una creatura che voleva essere sua ma inevitabilmente non poteva essere tale e quindi non era di nessuno.
In queste due uscite, con - giova ripeterlo - ammirevoli passi indietro, Spalletti ha fatto quello che dovevo fare mesi. Prendere l'Inter, la squadra migliore del campionato e che fornisce alla Nazionale il maggior numero di giocatori, e cercare di riproporne le dinamiche. Missione che in estate sarebbe stata ancora più logica che anche i due "blocchi" secondari del gruppo, cioè quelli di Juventus e Roma, giocavano con lo stesso modulo, seppur con diversi principi e risultati. Risultato: una buona Italia, non stellare ma certo non peggiore di molte viste negli ultimi anni. Trascinata dal gruppo forgiato da Simone Inzaghi. Dallo schermo di un computer è tutto più facile, ma non sembrava poi così complicato.
L'altro tema che emerge dagli impegni azzurri è l'incredibile capacità di Davide Frattesi di farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. Una dote innata, che pochi hanno sviluppata a quei livelli. Gol a parte, il centrocampista nerazzurro ha ricordato a tutti che sarebbe titolare ovunque… tranne che a Milano. Ecco allora il dilemma, peraltro sollevato già in estate dal suo agente alle cui ipotesi di cercare altri lidi - c'era la Roma, oltre che la Juve - la dirigenza ha risposto picche: come si può lasciare in panchina un giocatore così?
Si può perché davanti c'è uno come Nicolò Barella, che il titolare lo farebbe ovunque non solo in Italia ma anche in Europa. Il dualismo col sardo non è detto si riproponga in chiave azzurra, dove non ci sono giocatori del livello di Mkhitaryan o Zielinski a occupare l'altro slot - mentre Tonali può accomodarsi in regia tra i due nerazzurri - ma in casa Inter è cosa nota da tempo. A risolverlo, più che una complicata titolarità di Frattesi, ci pensa un banale dato numerico.
L'Inter, nella stagione appena iniziata, disputerà da un minimo di 51 a un massimo di 69 partite, mondiale per club compreso. Il massimo è quasi utopia - vorrebbe dire raggiungere la finale in tutte le competizioni - ma il minimo è davvero minimo, nel senso che prevederebbe l'eliminazione dell'Inter da ogni competizione alla prima occasione. Risultato: una previsione ragionata si aggira attorno alle sessanta partite stagionali. Più quelle nelle amate soste per le nazionali. Ecco che allora il carico di lavoro diventa eccessivo e la distinzione titolari/riserve perde parecchio di senso. Ci sarà chi avrà più minuti e chi meno alla fine della fiera, certo, ma gestire un calendario di questo tipo comporterà una rotazione molto più ampia. A Frattesi, semmai, il compito di continuare a fare così, benissimo.
A proposito della sosta e del calendario. Tutti dicono che si gioca troppo, nessuno toglie partite. E nessuno le toglierà, finché il modello di business del calcio si baserà in maniera tanto preponderante sui proventi dalle TV, che qualcosa devono trasmettere e ne fanno solo una questione di numero. Il tema principale non è nemmeno quello - pur rilevante - della salute dei giocatori, che sono ragazzi giovani e in salute ergo qualche partita in più la possono pur giocare; il problema è che si gioca così tanto da far diventare noioso uno sport. Se diventa brusio di sottofondo costante, e non l'evento da seguire con passione, prima o poi passa di moda.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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