Finisce il ciclo più bello, più discusso, più ingiusto. Ora rivoluzione, con paletti (anche tattici)

Finisce il ciclo più bello, più discusso, più ingiusto. Ora rivoluzione, con paletti (anche tattici)TUTTOmercatoWEB.com
Ieri alle 21:44Editoriale
di Ivan Cardia

Simone Inzaghi saluta quattro anni dopo: uno scudetto, due finali Champions perse di cui una malissimo, +114 milioni sul mercato. È uno dei tanti dati di partenza di qualsiasi analisi di un ciclo in cui l’Inter ha giocato a calcio divinamente, e non ha vinto quanto avrebbe potuto. O forse non poteva vincere quello che ha illuso di poter conquistare.

In questo, è il ciclo più ingiusto. Perché a Inzaghi sono state rimproverate tantissime cose, e troppo poco si è sottolineato il materiale umano con cui ha lavorato. Non carente, ma che l’Inter abbia avuto davvero la squadra più forte di tutte è tutto da dimostrare. Non è una critica alla dirigenza, che come l’allenatore in questi quattro anni ha dovuto spesso fare le nozze con i fichi secchi. La riprova, però, la offrirà il suo successore, chiunque sarà: non è per niente scontato che l’anno prossimo l’Inter parta ancora per vincere.

A prescindere dal tecnico - Fabregas e De Zerbi i due nomi in prima fila -, la questione è una: Monaco ha segnato un punto di non ritorno. E la squadra va rivoltata come un calzino, rispettando alcuni paletti. Quelli economici cambieranno, ma ne restano: giovani, costosi ma non troppo, futuribili più che campioni affermati. L’identikit di Oaktree per i nuovi acquisti è decisamente chiaro. Altri paletti tecnici: nella rivoluzione, il nuovo modulo non potrà essere tanto diverso da quello Inzaghi. Lo condizionano due fattori, che si chiamano Bastoni e Dimarco: in uno schema che non sia al massimo il 3-4-2-1 (peraltro tentato anche da Inzaghi di recente), rischierebbero di non risultare così determinanti. È una delle tante linee guida per decifrare il mercato che sarà.