Eehhhh, ma era l'ultima in classifica...
La morale è che per alcuni, comunque vada, sarà un insuccesso. Perché sì, dai, perché c’è sempre qualcosa che non va, ci deve obbligatoriamente essere qualcosa che non va. E non solo quando si perde o gira male, purtroppo. Proprio sempre.
L’Inter vince venerdì sera. Certo, lo sappiamo tutti, vince contro l’ultima in classifica che non perdeva da quattro partite, ha rifatto la rosa a gennaio, ha cambiato allenatore, non è la stessa disintegrata a dicembre, anzi. Vince provenendo da un periodo pessimo, dove anche la squadra dell’oratorio di fianco a casa mia sarebbe stata non dico l’Everest, non esageriamo, ma una collinetta alta qualche centinaio di metri sì. Inizio in sordina, dicevano quelli bravi, rischio di prendere gol da Verde su contropiede sanguinoso poi, all’improvviso, qualcuno o qualcosa riaccende l’interruttore. Barella sale in cattedra, Brozo ricomincia a girare senza battere in testa, davanti Dzeko si muove come nei giorni belli e Lautaro sembra indemoniato, correndo e sbattendosi come un pazzo a destra e a sinistra. In sostanza, passato un quarto d’ora, i cinquantamila del Meazza si lustrano gli occhi vedendo i nerazzurri riprendere un discorso interrotto qualche tempo fa.
Con una novità, parecchio importante: meno possesso palla, meno tikitaka che proprio tikitaka non si poteva definire, molta più ricerca della profondità, Lautaro sempre pronto a inserirsi tra le maglie della difesa ospite e Barella in veste di suggeritore. Soluzione momentanea? Ovvio, non posso saperlo. Ma, ricordo, la passata Inter contiana faticò non poco fino a gennaio, cercando sempre e comunque il controllo partita con difesa altissima, esponendosi a pericolosissime ripartenze. Quei ragazzi cambiarono passo restando stretti, recuperando palla e buttandosi nello spazio a mille all’ora. Non ripetiamocelo, c’erano altri interpreti. Oggi non puoi chiedere a Dzeko di fare il Lukaku, i due non c’entrano calcisticamente. Però una minor distanza tra reparti, continuando a cercare il possesso, aiutata da accelerazioni improvvise non solo degli attaccanti ma, perché no, anche dei centrocampisti, aiuterebbe non poco a stancarsi meno rimanendo, al contempo, efficaci senza subire granché. Il futuro prossimo ci chiarirà se dunque si è trattato di opzione dovuta alla situazione o evoluzione del gioco.
In una lunga serie di benebravibis, perché venerdì solo benebravibis, chissenefrega se con l’ultima in classifica, alla fine della fiera dovevamo rimetterci in corsa e lo abbiamo, anzi hanno, fatto, qualche pensiero mi ronza nella capoccia. Il primo è per Lautaro, giocatore imprescindibile secondo me, uno che in tre stagioni italiane fa quasi sessanta gol è tanta roba. Il secondo per Nicolò, finalmente ai suoi livelli e ne ha tratto giovamento sia la squadra sia il pubblico. Il terzo per Simone Inzaghi, maltrattato perché al primo anno in cui lotta per vincere il campionato ha un passaggio a vuoto e, per alcuni, va esonerato, vabbè. L’ultimo, infine, per Denzel: trattato come una specie di roba atterrata per caso a Milano, il ragazzo è attualmente un pilastro non sostituibile. Ha personalità e carattere. Spero resti a lungo in nerazzurro.
Adesso testa a Liverpool, niente picnic, si va a giocare seriamente per poi ributtarsi in campionato. Certezze non ne abbiamo. Sensazioni quelle di aver ritrovato l’Inter, la gran bella Inter di fine 2021 e non solo, mica dimentico sconfitte immeritate con i Reds e , soprattutto, dopo aver dominato i cugini nel derby, proprio al momento giusto.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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