Da ridimensionamento ad adeguamento. La solita estate nerazzurra
Passano gli anni, le stagioni, i mesi, i giorni, i minuti, i secondi. Ma di una cosa potrete essere certi, sempre: l'Inter deve vendere un big, magari due già che ci siamo. L'estate scorsa tutto ciò veniva chiamato ridimensionamento, ve li ricordate i titoloni a tutta pagina, no? Strano, perché io li ricordo, benissimo pure. E, in sostanza, una sorta di ridimensionamento è stato. Qualcuno via per forza e non per volontà personale, purtroppo, qualcuno ceduto in nome e per conto del soldo, del bilancio, qualcuno ha scelto di andarsene perché mica si poteva vincere con questa squadra perciò meglio cercare una nuova avventura in Premier, lì sì che si può andare per finire quarti in classifica, oltretutto prendendosi una discreta liquidazione dalla Società nerazzurra grazie a un contratto capestro che fatico ancora oggi a comprendere, qualcuno ha puntato i piedi perché tifava un'altra squadra fin da bambino, diretto e ben orchestrato dal suo procuratore: salvo poi pentirsi della preferenza espressa nemmeno trecentosessantacinque giorni fa, forse tornare all'ovile – certi di rivedere il calciatore dominante dei nostri ricordi col gioco di Simone Inzaghi? Certi? Io mica troppo, problema personale – mettendo da parte, si mormora, il grande regista del passaggio a Londra, il suo, raccontano quelli bravi, ex procuratore ormai. Oggi non esiste ridimensionamento.
Oggi esiste adeguamento. Bisogna venderne almeno uno forte per far quadrare i conti, dal momento che la proprietà non può immettere denaro nell'Inter, ormai lo sanno anche i fili d'erba dei giardini pubblici di via Palestro. Sì, insomma, Suning non è in grado di effettuare aumenti di capitale come altri. Colpa del governo cinese, colpa della pandemia, colpa di un disco, colpa di chi volete: questa è la situazione, al netto delle chiacchiere da bar dopo tre o quattro spritz conditi da olive e patatine. Solita visione pessimistica raccontata per destabilizzare la Società nerazzurra? No, semplice realtà, quella che si presenta oggi, cinque giugno duemilaventidue. Qui mi aspetto il colpo di scena della dirigenza. Qui mi aspetto la marottata, l'improvvisazione che spiazza un po' tutti.
Perché, opinione personale, l'Inter può contare su un top amministratore delegato affiancato da dirigenti di prima categoria. Sappiamo tutti della necessità di mettere da parte un tesoretto neanche etto per operare sul mercato e sistemare 'sto bilancio ballerino assai, al monte ingaggi ci dedicheremo prossimamente. Sappiamo anche di una lunga lista di calciatori non utili al progetto, facciamo pure inutili, dai. Più un'altra lunga serie di calciatori sacrificabili sull'altare del grano. Insomma, tra chi smette, chi va in scadenza, chi non viene giudicato necessario alla causa e chi può essere immolato sull'altare dei conti, siamo a una dozzina di elementi circa. Alcuni complicatissimi da cedere e per ingaggi assurdi, paragonati al rendimento, e per prestazioni, insufficienti ovunque siano andati. La mia speranza è che quel maledetto tesoretto possa saltar fuori da cessioni estemporanee, sistemazioni inattese, addii poco pesanti economicamente parlando. Siamo a inizio giugno, mi par d'essere a metà luglio: colpa di un Europeo che questa estate non si gioca, accidenti. Vada come vada l'Inter necessita continuità: i suoi tifosi, in primis, la meritano. Lo so io, a maggior ragione lo sanno in sede. Aspetterei comunque prima di fasciarmi la testa. Aspetterei a indicare nomi e cognomi di chi saluterà. Sì, certo, qualcuno dovrà partire: e se ci stupissero piazzando il mare magnum di coloro che servono poco, magari anche nulla?
Finché c'è Beppe c'è speranza. Proprietà permettendo.
Alla prossima.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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