A Napoli ricordarsi che le partite durano 90 (e passa) minuti

A Napoli ricordarsi che le partite durano 90 (e passa) minutiTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 10 febbraio 2022, 20:41Editoriale
di Lapo De Carlo



Gli ultimi giorni dimostrano quante cose possono accedere in poco tempo e quanto possono destabilizzare, innervosire, raddrizzare, entusiasmare e far tornare a sperare un ambiente.
La vittoria sulla Roma è stata solida, convincente e ottenuta con due gran bei gol, realizzati dagli attaccanti, indicati come uno dei problemi di questo periodo e con l’attenzione fino al 90°, mancata sabato nel finale.
Ha parato bene Handanovic, ha corso a perdifiato Barella, ha amministrato con attenzione Brozovic, giocato la solita splendida partita Perisic, quello che potrebbe non rinnovare, ed esaltato con la sua passione ed efficacia Milan Skriniar.
I problemi sono evidenti a centrocampo con Vidal e Vecino, in pratica gli unici che potranno sostituire Barella col Liverpool, insieme a Gagliardini, il quale sembra essere uscito dalle gerarchie di Inzaghi.  
La loro prestazione palesa l’evidenza di un ottavo ancora più proibitivo con i Reds


Sono entrambi in fase discendente e anche De Vrij mostra segni di cedimento, mentre Handanovic è alla sua ultima stagione da titolare.  Con la Roma si è visto ancora una volta come l’Inter funzioni meravigliosamente se i ritmi sono alti, ma ha problemi nel chiudere perché non ha contropiedisti e un solo attaccante puro. Tutta la batteria, come dicevamo ad inizio stagione, ha delle formidabili seconde punte e Lautaro è il più vicino ad essere l’attaccante puro. La gestione della palla ha una qualità che non ha nessun altro in Italia ma ora arriva lo scontro diretto di sabato al Maradona, dove il Napoli si sta preparando a giocare la partita più importante della stagione. Ne parlano da settimane, credono ovviamente nel titolo e Spalletti sta caricando a molla i suoi.
Non c’è dubbio che la squadra giocherà bene per larga parte del match ma tutte le gare che sono andate male quest’anno hanno il denominatore comune di una partita giocata in modo eccellente e poi persa nel finale. E’ accaduto a Roma con la Lazio, a San Siro contro il Real e nel pari interno con la Juventus e poi nel derby. E’ una costante che sembrava essere stata risolta a dicembre ma ora si è ripresentata.
In 72 ore il derby ha scosso squadra e tifosi e cancellato quella certezza interiore di uno scudetto da amministrare, una certezza tenuta in forno a temperatura tale da convincere tanti di una forza invincibile, con motivati argomenti che hanno persuaso gli interisti, composti da quell'impasto di candore ed entusiasmo, di cui poche, forse nessun’altra tifoseria dispone.
Gli ultimi 15 minuti di Inter-Milan hanno scioccato per l’incongruenza dei fatti e il relativo finale. Come è stato possibile che una squadra dominante potesse perdere contro una sofferente e spuntata?
Eppure era già accaduto all’andata. Lo stesso piano partita, gli stessi errori, lo stesso (più o meno) dominio e il finale con l’acuto degli avversari, ai quali era stato lasciato campo rischiando la beffa. Così il rischio all’andata e così è avvenuto realmente al ritorno. Se due partite in pochi mesi, contro lo stesso avversario hanno lo stesso andamento e in nessuno dei due casi finisce con la vittoria forse c’è qualcosa di sbagliato nella preparazione della partita.
E’ naturale concentrarsi anche su cosa non vada nel momento cruciale della stagione, non foss’altro per un assunto completamente dimenticato che avevamo a inizio stagione: l’Inter è una squadra forte ma imperfetta. Non c’è nulla di male nel riconoscere che nonostante il capolavoro della dirigenza questa estate qualche crepa esiste.
C’è poi il capitolo legato alle tensioni e alle decisioni prese nei confronti dell’Inter dopo il derby. Trattare Bastoni come fosse Montero, squalificandolo in modo punitivo per una frase che il giocatore ha tenuto a precisare non fosse così pesante, fare una campagna stampa su uno sputo di Lautaro mai avvenuto, lascia sconcertati. Prima di chiudere permettetemi di ricordare la vicenda degli ultras rossoneri scesi al primo anello incappucciati, seminando il panico al primo anello, per recuperare una bandiera caduta dal secondo anello e cercare di pestare un tizio che li aveva sbeffeggiati per questo.
Parliamo di famiglie, persone che vanno allo stadio per divertirsi, spaventate e colpite da un’aggressione durante la partita, una cosa gravissima che non ha trovato troppo spazio e riporta alla vicenda del tifoso interista della Banda Bagaj Virgilio Motta colpito violentemente da una aggressione al derby del 2009, perdendo la vista e morendo suicida tre anni dopo. Sabato è stato permesso a venti di loro di passare dal secondo al primo anello e agire. Ora è in corso un’inchiesta ma allo stadio la gente che va a vedere esclusivamente la partita dovrebbe essere sicura. Dovrebbe.
Amala

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