Marotta: "Grato ad Oaktree per la fiducia, un sogno è quello di regalarci la Champions"

Marotta: "Grato ad Oaktree per la fiducia, un sogno è quello di regalarci la Champions"TUTTOmercatoWEB.com
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venerdì 9 agosto 2024, 10:49Primo piano
di Antonino Sergi

Lunga intervista a Sette, settimanale del Corriere della Sera, del presidente nerazzurro Giuseppe Marotta che ha parlato di diversi temi. "Sono grato a Oaktree per la fiducia. Conto su una struttura societaria forte, su una squadra di professionisti molto seri, oltre che capaci, e su un pubblico che è il nostro valore aggiunto. Metterò in pratica l’esperienza del vissuto precedente".

"Il prossimo traguardo? Innanzitutto l’Inter è l’Inter, quello che è stato fatto sotto la mia gestione non è nulla di straordinario perché questa era una squadra abituata a vincere. Ha passato un periodo di buio e sofferenza, per questo quando abbiamo riconquistato insieme il primo scudetto è come se in quello ce ne fossero stati altri tre e quando a maggio abbiamo vinto ancora, portando la seconda stella, è come se questo nuovo scudetto ne contenesse dieci. Ora l’Inter è ritornata a essere l’Inter che è sempre stata nella storia, l’obiettivo è puntare in alto. Un sogno è quello di regalarci la Champions. Alzare l’asticella non è un atto di presunzione, ma di orgoglio e consapevolezza. Dobbiamo provarci, l’importante è non avere rimpianti".

"Lukaku? Non lo definirei così. L’episodio Lukaku ha rappresentato poco rispetto a tutte le emozioni positive e all’adrenalina che si sono vissute in questi anni. Lukaku dobbiamo tutti noi un ringraziamento per quello che ha fatto, si è sempre impegnato e ha sempre fatto bene. Ricordiamolo per questo: per le cose belle, non per quelle brutte. E poi non dimentichiamoci che ha rappresentato l’operazione più strana, particolare e positiva per l’Inter nella sua storia. Lo abbiamo valorizzato in una maniera incredibile e questo ha dato poi dei riscontri importanti dal punto di vista economico per costruire la conquista della seconda stella. Con lui abbiamo vinto lo scudetto e rimane nella storia dell’Inter. La nuova stagione? Sono ottimista di natura, sarà bella".

"Nuovo stadio? Ci manca una casa. Oggi abbiamo San Siro che condividiamo con un’altra squadra, ma uno spazio tutto nostro rafforzerebbe quel grande senso di appartenenza che è caratteristica importante nella vita di una società di calcio. Stiamo facendo di tutto per realizzare questo sogno che è nostro come dei tifosi. Combattiamo con la burocrazia italiana che dilata i tempi. Una cittadella sarebbe una bella cosa. Purtroppo non è facile da realizzare, ma almeno uno stadio sarebbe indispensabile. Per il progetto di Rozzano ragioniamo su 70 mila posti".

"Lega Serie A? Il clima che si respira dal punto di vista dirigenziale è di litigiosità, anche esasperata. In ambito sportivo introdurrei un concetto importante che non abbiamo, la cultura della sconfitta. Spesso quando si perde una partita, diventa un dramma e non dovrebbe essere così, ogni sconfitta fa crescere. Atteggiamenti negativi o eccessivi in serie A vengono emulati nelle categorie minori. Ci sono campi di ragazzini che riempiono le cronache con scontri dentro e fuori il campo. Dobbiamo dare l’esempio".

"Come è cambiato il mio lavoro? Prima le decisioni venivano prese dal singolo dirigente, oggi siamo davanti a un team composto da osservatori e da “tecnici” che analizzano dati, risultati, rendimento atletico. Addirittura, in alcuni casi, un giocatore lo si può scegliere attraverso gli algoritmi, così il calcio è diventato meno bucolico e quasi industriale. La tecnologia è infallibile? No. È un aspetto fondamentale della nostra società civile, uno strumento importante che può aiutarti a raggiungere l’obiettivo, ma non è determinante rispetto alla valutazione finale, che ha bisogno sempre di una componente umana".

"Troppi stranieri? Non è colpa loro che, anzi, se sono bravi servono per far crescere i ragazzi dei vivai. Quello che oggi manca è un’apertura al mondo del calcio, un mondo non più accessibile a tutti. Seconda squadra per l’Inter? Non subito. È sicuramente uno strumento utile per far crescere e maturare i ragazzi, oggi tra Primavera e Prima squadra c’è un buco legato all’età che non permette uno scambio positivo. Avere la seconda squadra significa allestire un gruppo cui può attingere l’allenatore della Prima. Ci sono troppe partite e questa è anche una mancanza di rispetto verso i giocatori che sono esseri umani e faticano a sopportare pressioni agonistiche così elevate".