Un passo indietro e due avanti
La partita dell’Inter a Madrid ha lasciato rabbia e creato perplessità, attenuate dalla marginalità del risultato, il quale sarebbe stato certamente entusiasmante con la vittoria e il relativo primo posto.
In verità le questioni sul tavolo sono tante. In ordine sparso: le scelte di Inzaghi nel secondo tempo, l’espulsione di Barella e il suo persistente stato di forma precario, l’autorità con la quale l’Inter ha tenuto a lungo il Real nella propria area e una certa convenzionalità dei giudizi che vanno dietro unicamente al risultato e al “regolamento”.
Inzaghi ha voluto testare l’Inter chiedendo alla squadra di fare pressione nella metà campo del Real, nella speranza di trovare uno spazio e realizzare un gol che cambiasse il piano partita dei padroni di casa.
Lo ha fatto nella consapevolezza di non avere gli stessi mezzi tecnici, con quel tipo di ambizione di cui Conte andava orgoglioso, in occasione della sfida al Barcellona al Nou Camp.
Inzaghi non ha un giocatore che davanti tenga impegnato da solo la difesa o un esterno che sia una freccia ma ha una squadra che gioca armonicamente, in cui tutti sanno cosa devono fare. Dopo il gol del pareggio sbagliato da Barella ha operato tre cambi che hanno chiuso quasi le ostilità. Era una partita che avrebbe avuto valore solo in caso di vittoria e dannarsi altri 35 minuti per raggiungere il pareggio, quando più di mezza squadra gioca stabilmente ogni tre giorni, era pericoloso.
Chiaro che la sostituzione di Brozovic dopo dieci minuti della ripresa ha questa unica e semplice spiegazione. C’è un Campionato che l’Inter vuole vincere (e ora il Milan, suo principale avversario ha solo questo impegno) e le forze vanno distribuite, specie se non ci sono grandi alternative, come dimostrano il Vecino di questi tempi e Gagliardini, quando entrano. La verità è che fino all’espulsione l’Inter ha dimostrato che può stare a questi livelli, pur non avendo fuoriclasse che con un tiro decidono la partita.
E’ invece poco comprensibile come Sensi non trovi alcuno spazio. Inzaghi due settimane prima aveva dichiarato che il centrocampista italiano avrebbe giocato molto di più nelle partite successive: “Sensi avrà spazio da qui a Natale”, ma il tempo passa e lui non entra quasi mai. Perciò considerando che non è infortunato ed è ormai sempre disponibile si tratta di capire se valga la pena tenerlo in rosa o non sia il caso di cederlo. Se ad un giocatore della sua classe viene preferito Gagliardini e persino Vecino nelle gerarchie, è perché non può giocare, non riesce o il tecnico non lo ama particolarmente. Quale che sia il motivo, proseguire così è inutile.
Sulla questione Barella si sono tutti soffermati sulla reazione del giocatore, su di lui si è abbattuta la scure della rabbia, molti tifosi gli hanno dato dell’ingenuo, molti altri di peggio. Anche Inzaghi ha dichiarato che il centrocampista ha sbagliato e ha chiesto scusa ma nel suo caso non cercare alibi e responsabilizzare i giocatori ha il preciso intento di creare la giusta mentalità. Persino lui non si lamenta più, anche quando potrebbe farlo e di certo non pratica quel tipo di giustificazioni nelle interviste che alla Lazio invece gli venivano rinfacciate. Marotta ha chiesto a tutti di non lagnarsi e lui, che era già sulla buona strada, si è ulteriormente adeguato.
Il fatto è che l’azione del pugno (in realtà da terra Barella “colpisce” la caviglia di Militao col polso) è una reazione rabbiosa in una condizione in cui il madridista non solo lo spinge verso i tabelloni pubblicitari, col serio rischio di farsi male ma gli viene anche addosso per provocarlo ulteriormente.
Il regolamento dite? Il regolamento è interpretabile da sempre e, in migliaia di casi del genere, molti arbitri hanno lasciato correre ammonendo col buon senso entrambi i giocatori. Qui invece abbiamo un giocatore come Militao che è stato libero di picchiare tutta la partita, soprattutto Lautaro e non ha subito nemmeno una sanzione. Così è stato libero di provocare e ottenere l’espulsione.
E’ infine stucchevole fare un raffronto tra la panchina del Real Madrid e quella dell’Inter, la quale viene da anni complicatissimi e che, nonostante una società che non è più in grado di immettere liquidità, sta iniziando a trovare una politica più sostenibile, mantenendo la squadra ai vertici. Quando i Vidal e i Sanchez che guadagnano 7,5 milioni (e partono dalla panchina) non saranno più all’Inter non ci saranno più incoerenze nella politica degli stipendi. Questa è una fase nella quale l’Inter sta passando da un modello di gestione, in un mondo che aveva altri paradigmi, ad un altro decisamente più adeguato alla situazione.
La strada è lunga ma è quella giusta.
Amala
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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