La scommessa Inter e la delusione per l'uomo Lukaku
Può ancora accadere molto all’Inter per poter definire la sua statura.
Quello che si rileva è l’incredibile serie di giravolte emotive registrate dal 23 maggio.
La cronologia è interessante anche per capire l’umore e le relative conclusioni che ne sono derivate da stampa e tifosi
Il 26 maggio, a soli tre giorni dalla festa scudetto, Conte ha mollato l’Inter.
L’entusiasmo si è congelato, il tecnico ha salutato senza tanti complimenti e si è preso una buona uscita che ha irritato tutti, se si pensa che per non lavorare ha preso 7 milioni.
Il 3 giugno, dopo qualche giorno di tribolazione, Simone Inzaghi è stato annunciato come nuovo tecnico.
Dopo mesi a sfotticchiarlo per quel suo “spiaze” è stato salutato come una buona opzione, forse la migliore a disposizione. L’addio di Conte ha iniziato ad essere metabolizzato.
Il 12 giugno agli Europei abbiamo assistito al dramma Eriksen, alla sua vita miracolosamente salvata e ad una carriera forse finita.
Il 22 giugno Marotta e Ausilio sono riusciti a convincere Calhanoglu, meritandosi sinceri complimenti per la velocità e la determinazione nel risolvere un problema che non poteva essere previsto. Non c’è stato nemmeno il tempo ma soprattutto la voglia di pensare al problema tecnico e quando è stato acquistato il turco hanno tutti dedotto che si fosse trattata di una buona opzione. In quel periodo iniziava il tormentone Nandez.
Il 6 luglio Hakimi è stato ceduto al PSG per una cifra nemmeno troppo alta, considerando le cifre che girano per giocatori meno forti e dall’età più avanzata.
Il morale è sceso, specie nei giorni che hanno preceduto la cessione.
Il 12 luglio è arrivata la notizia che Zhang Jindong non era più presidente del gruppo Suning e che Steven accettava offerte per qualunque giocatore al giusto prezzo.
Il 7 agosto Lukaku è stato ceduto al Chelsea, parleremo di lui tra poco, è più utile annotare lo scoramento dell’ambiente e la sensazione di essere un club sempre più vulnerabile, senza più chance di poter contare qualcosa.
Serpeggiava il panico e la rabbia verso il giocatore e la proprietà.
L’11 agosto Dzeko si è accordato con l’Inter ed è stato ufficializzato il 14, dopo aver risolto il problema dell’ultimo stipendio con la Roma. Lo stesso giorno è arrivato Dumfries dal PSV. Giocatore di cui tanti parlano al netto ma storpiando il suo povero cognome.
Lo spirito di adattamento alla nuova realtà ha fatto un’opera di compensazione notevole tra ciò che si è perso e quello che è stato guadagnato, perciò per un paio di giorni l’Inter è stata data persino come favorita per il bis scudetto con la Juventus, poi l’entusiasmo si è attenuato e ora ci troviamo a vivere il paradosso di non sapere se l’Inter, rispetto alle concorrenti valga lo scudetto o possa competere per un posto in Champions.
I dubbi sono in quest’ordine: Dzeko, che è fortissimo ha 35 anni e ci si chiede quante partite possa giocare in un anno. Dumfries è un talento ma in quanto tempo saprà adattarsi al nostro Campionato? Calhanoglu avrà un rendimento costante, come nella sua carriera non gli è mai capitato? Simone Inzaghi ha vinto quello che poteva con la Lazio, fa giocare bene ma per conquistare un Campionato serve un tipo di ferocia che ad oggi non gli si riconosce. Saprà tirarla fuori quando le cose andranno meno bene e servirà fare punti? E’ la differenza tra un ottimo e un grande allenatore. La qualità e il talento dei nuovi arrivi non si discute ma la costanza, l’età e l’attitudine alla vittoria portano delle incognite.
Veniamo ora a Lukaku, sul quale si sono sovrapposti più elementi frastornanti. Si era più pronti a perdere Lautaro che non il belga, il quale ci aveva convinti di essersi calato nel ruolo di leader. Siamo abituati a giocatori che baciano le maglie ma lui ci ha beffati con la nuova frontiera della persuasione: l’atteggiamento, il quale andava oltre il semplice ruolo dell’attaccante professionale. Anche il fatto di aver voluto parlare a lungo con Inzaghi e dichiarato più volte, l’ultima il 1°agosto, di voler restare all’Inter, quasi scocciato dell’insistenza di chi gli chiedeva conferma.
Del suo addio ha colpito soprattutto la letterina distaccata, incolore e senza un briciolo di quella passione che aveva manifestato. Quel passaggio disarmante: “Spero capiate la mia decisione di passare al Chelsea. È l'occasione della vita per me” è surreale.
E’ la frase standard del calciatore che passa al grande club dopo la gavetta della piccola media squadra. Una gaffe che rivela un Romelu approssimativo. Il Chelsea ha vinto un terzo di quello che ha conquistato l’Inter nella storia ma lo ha fatto soprattutto negli ultimi 15 anni, l’immagine è vivida e lui è un figlio dei tempi, guarda al presente, appartiene a sé stesso e tifa (questo è normale) per chi gli dà più soldi. Da quel momento diventa tifoso fin da quando era bambino e noi ci caschiamo sempre. Questa volta però la colpa è anche dell’uomo Lukaku, oltre che di chi ha creduto a questa lunga pantomima.
Amala
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