La dottrina Marotta che serviva all’Inter, perché Sassuolo la più importante di Inzaghi
La partita sportivamente eroica dell’Inter contro il Barcellona aveva lasciato un retrogusto amaro agli interisti, non supportato da nessun fatto se non il classico pessimismo cosmico nerazzurro: ovvero il pensiero diffuso che una serata così epica non sarebbe servita a niente perché tanto in Champions si sarebbe usciti lo stesso causa calendario, e che anzi si sarebbe pagato lo sforzo il doppio, andando stanchi e rilassati contro il Sassuolo - partita che invece avrebbe affossato di più l’Inter.
Se dal punto di vista della logica in Champions un senso ce l’ha - l’Inter difficilmente eviterà la sconfitta al Camp Nou e per le combinazioni di differenza reti è quasi impossibile finire davanti al Barcellona - tuttavia al popolo di tifosi sfuggiva un dettaglio: che partite simili non si vincono per caso, non lo si fa se non si hanno risorse di gruppo eccezionali, e non si concretizzano se non c’è una volontà di intenti comune.
Soprattutto ai più sfuggiva che è vero che lo sforzo di Champions era stato eccezionale e che il Sassuolo era una infida bestia capace proprio di nutrirsi della distrazione da rilassatezza; ma una vittoria simile serviva all’Inter più di tutte per tornare a credere in sé stessa, visto che si era tutti concordi che il problema fosse soprattutto mentale, e che la mazzata contro la Roma aveva frustrato proprio l'impresa psicologica nel momento in cui invece il gioco era tornato.
E così è stato. Certo, non solo. L’Inter a Reggio Emilia ha giocato con gli attaccanti sfibrati, e ha richiesto uno prova da squadra vera. E non si limita al discorso psicologico la vittoria, perché costretto dalla congiuntura Simone Inzaghi ha capito che non poteva provare a impadronirsi della partita rischiando di esporsi, abbassando finalmente la squadra per proteggersi di più e costringere a uscire questa nuova versione di Sassuolo più conservativa.
E’ la vittoria della dottrina Marotta: mentre tutti compilavano le liste della spesa più disparate per i sostituti di Inzaghi, il buon Beppe ha provato come ha potuto a proteggere e rassicurare Simone, unico dirigente a farlo con irriducibile determinazione. La lezione di Marotta è: se anche solo una delle tue azioni comunica incertezza al tuo allenatore, e non hai in mano una alternativa migliorie, sei tu il primo che sta facendo il male della squadra.
Non tutte le componenti in società evidentemente sanno mettere in pratica la dottrina.
Ma nel frattempo Simone Inzaghi è ricorso al pragmatismo necessario: si affronta una difficoltà alla volta partita dopo partita, e se è il caso si adatterà l’idea generale, viste le condizioni di emergenza. E anche Marotta ne ha apprezzato il buonsenso.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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